Medio Oriente

Dopo la tregua un nuovo giorno della Memoria da celebrare

Marco Patricelli

Cosa ci sarà da commemorare il 27 gennaio, nel Giorno della memoria, dopo la tregua a Gaza? Forse la memoria corta dell’Occidente che ha saputo partorire la Shoah o quella inesistente del mondo islamico che la nega. Dopo Auschwitz il mondo doveva essere diverso, e non è stato così. La storia è stata corrotta nella narrazione presente dei mali del Medio Oriente dopo quella sul Male assoluto durante la seconda guerra mondiale. Per paradosso chi ha provocato il macello e ha perso festeggia come se avesse vinto, e chi ha vinto non ha nulla da festeggiare. Quel che è accaduto il 7 ottobre 2023, la più grande strage di ebrei innocenti dopo la Shoah, è stato archiviato, dissolto, ricolorato con tinte diverse e opposte nella percezione e nell’opinione comune. L’Europa non ha sventolato le bandiere con la stella di David ma i quadricolori palestinesi; nell’Europa dalle radici velenose dell’antisemitismo sono sbocciati i movimenti Pro Pal e deliri geopolitici; in questa Europa la memoria che dovrebbe mantenere vivo il monito di Auschwitz e dell’Olocausto è diventata un esercizio retorico imbastardito da “se” e “ma” sussurrati e urlati.

La presa di ostaggi da parte dei tagliagole di Hamas, con inauditi crimini e crudeltà, oggi è scolorita, come se non fosse stata la fonte e l’origine di tutto. L’isola dei diritti che è Israele circondata dal turbolento mare dell’Islam – che ha inseminato la Sharia nel ventre molle della decadente Europa dei diritti a buon peso – ha agito come uno Stato deve fare, soprattutto se è a rischio la sua esistenza: reagendo. L’Occidente ha dimenticato quasi subito la solidarietà immediata e pure le scene di giubilo a Gaza per la razzia di ebrei. Ma si è strappato le vesti per le scene di morte e distruzione sbattute in faccia all’opinione pubblica da un’accorta propaganda degna del peggior Goebbels. Hamas non ha liberato gli ostaggi che non aveva alcun diritto di prendere: li ha utilizzati come scudi con lo stesso criminale disegno nei confronti della popolazione di Gaza, avendo impedito armi in pugno l’evacuazione dopo aver piazzato i suoi centri di comando lì dove c’erano scuole, ospedali, obiettivi non militari che per questo lo sono diventati; ha usato bambini e morti per far leva sui buoni sentimenti con un cinismo espressione del disprezzo totale della vita umana. E con la presunzione di dettare le regole di un armistizio che fa comodo sulla spinta emotiva che ha infiammato vie e piazze di quest’Europa malaticcia, in cui non si ricorda una sola manifestazione o una banale fiaccolata per chiedere la liberazione degli ebrei prigionieri.

C’è voluto poco per rovesciare le prospettive e instillare il virus contro Israele, da aggredito divenuto aggressore, passando dalla demonizzazione di Netanyahu bollato come criminale di guerra. Il cessate il fuoco è imposizione della magmatica situazione internazionale, che attraversa con un filo rosso Siria, Iran, Libano, Hezbollah, Turchia, Yemen, Houthi, Stati Uniti, Russia, con l’Europa convitata di pietra condannata all’irrilevanza dalla sua mediocrità in politica estera. Israele riavrà i suoi ostaggi col contagocce, vivi e nel frattempo morti, Hamas un flusso numericamente sproporzionato di detenuti palestinesi, arrestati, processati e condannati per gravi fatti di sangue, mica rubagalline. Esulta, Hamas, per il risultato politico insperato e l’ossigeno alla sua esistenza minata da uno stato comatoso. Israele voleva cancellarlo dalla faccia della terra, l’ha solo decapitato e assottigliato, ma l’idra ha sostituito le sue teste: da un Sinwar all’altro, dallo spietato Yahya al fratello Mohammed, e il giro riprende. Dal disastro tattico al successo strategico. Dal bianco e nero dei bambini di Auschwitz che da dietro al fino spinato mostravano il numero tatuato sul braccio ai bambini di Gaza nel grigio della polvere e delle macerie di guerra.

Da un genocidio vero e abnorme a uno spacciato per tale. Dal Giorno della memoria, abisso di orrore celebrato col consueto e ormai stucchevole «mai più» delle cerimonie burocratiche in fotocopia, a quelli dell’oblio della coscienza e della co noscenza.