L'accordo
"La tregua c'è. O quasi": Israele pronto a liberare 250 tagliagole di Hamas per 5 soldatesse
La tregua c’è ma non si vede. Ovvero tutte le diplomazie coinvolte nella messa a punto di un cessate il fuoco fra Israele e Hamas a Gaza confermano che l’accordo è stato trovato. Lunedì pomeriggio era arrivato l’ok, informale, da parte del governo di Gerusalemme guidato da Benjamin Netanyahu. Martedì mattina era seguito il sì di Hamas, come confermato da mediatori qatarioti e da una fonte dello stesso gruppo terrorista gazawi. Eppure, lo scambio fra i detenuti palestinesi in Israele e i civili israeliani sequestrati il 7 ottobre 2023 non si è ancora visto. E d’altronde lo stesso consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, Jake Sullivan, ha ammeso che le «formule» riguardanti il rilascio dei detenuti palestinesi e il ritiro delle truppe israeliane da Gaza sono state di ostacolo nei colloqui degli ultimi mesi; solo la riduzione dei disaccordi su tali questioni ha portato le parti vicine a un accordo «e queste cose ora sono sulla carta».
Parlando da Roma, anche il ministro degli Esteri israeliano, Gideon Sa’ar, ha confermato che l’accordo c’è, che «non si tratta di una intesa parziale ma di una intesa graduale» e che le due amministrazioni americane, quella di Joe Biden in via d’uscita e quella di Donald Trump pronta all’insediamento, «sono entrambe impegnate a ottenere l’accordo questa settimana». Un’indicazione temporale non precisa, confermata a distanza dallo stesso Sullivan: «Se tra cinque giorni l’accordo non sarà ancora avvenuto, sarò la persona che probabilmente ne sarà meno scioccata». Ma se Sullivan e Sa’ar danno l’accordo per approvato, sempre ieri il segretario di Stato americano Anthony Blinken è sembrato tirare il freno sull’intesa ammettendo che la risposta di Hamas non è ancora arrivata. «Ma è più vicina di quanto lo sia mai stata prima; attendiamo una parola definitiva da Hamas sulla sua accettazione, e finché non la otterremo, rimarrà in bilico», ha dichiarato a margine di un intervento al Consiglio Atlantico. E ancora: «Potrebbe arrivare in qualsiasi momento, nelle prossime ore. Potrebbe arrivare nei prossimi giorni».
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Di ieri sera sono anche le telefonate del presidente Joe Biden al presidente egiziano Abdel-Fattah el-Sissi, ai leader del Qatar e di Israele, a conferma che l'impegno della Casa Bianca è ai massimi livelli – non va dimenticato che al di là dell’alleanza fra Israele e gli Usa, molti ostaggi hanno il passaporto statunitense oltre a quello israeliano. Ma se la fase uno dell’intesa – ovvero la liberazione o restituzione dei corpi di 33 ostaggi (alcuni vivi alcuni già morti) nei primi 16 giorni dall’inizio dell’accordo – stenta a partire, molto più complicata appare la fase due. Qua non si tratta solo di scambiare vivi con morti o 50 detenuti per ogni donna ebrea, secondo il tabellario inumano stabilito da Hamas. In cambio degli ultimi ostaggi, Hamas chiede a Israele di ritirarsi del tutto dalla Striscia di Gaza. Una manovra che gli strateghi dello stato ebraico vedono come rischiosa: Israele si era del tutto ritirato dall’enclave palestinese nell’agosto del 2005 ma quel ritiro – e il massiccio attacco da parte di Hamas il 7 ottobre del 2023 lo dimostra – non ha garantito la sicurezza degli israeliani. La fase due, scriveva ieri Yedioth Ahronot, «è l’inizio del “giorno dopo la guerra”, con Hamas che alzerà moltissimo il prezzo delle proprie richieste, tanto più se dovrà restituire gli ultimi ostaggi ancora nelle sue mani». Mentre all’interno del suo gabinetto combatte con la destra estrema, contrarissima anche alla sola fase uno, lo stesso Netanyahu ha più volte ribadito che non ci sarà alcuna pace fino alla sconfitta totale di Hamas: ma come sconfiggere il gruppo terrorista se le Israel Defense Forces dovranno uscire del tutto dalla Striscia nella fase due? E quali speranze hanno i famigliari dei 65 ostaggi che dovrebbero essere rilasciati nella stessa fase?
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E Hamas manterrà qualche forma di controllo su Gaza? Il sì non è scontato: la guerra scatenata 15 mesi fa ha portato la distruzione sulla Striscia e proprio in queste ore l’Autorità palestinese di Mahmoud Abbas, ridotta a controllare Ramallah e poco più, è tornata a sorpresa in carreggiata dopo che lo stesso Blinken l’ha menzionata come parte dell’ente interinale che sarà chiamato ad amministrare Gaza a conflitto finito. In questo quadro complicato, la giornata in Israele si è aperto con un missile lanciato dagli Houthi in Yemen – un frammento gigantesco ha sfondato il tetto di una casa a Mevo Beitar, vicino a Gerusalemme – mentre in serata il procuratore generale della Corte penale internazionale, Karim Khan, ha chiesto ai giudici della Cpi di respingere le obiezioni israeliane all'indagine sulla guerra a Gaza. Mesi fa Khan ha chiesto l’arresto di Netanyahu e del suo ex ministro della difesa Yoav Gallant, accusandoli di crimini contro l'umanità.