La caduta di Assad
Putin, la bandiera dei ribelli sventola sull'ambasciata dalla Siria a Mosca
La bandiera dell'opposizione anti-Assad è stata issata stamattina sull'ambasciata siriana a Mosca: lo riporta la Tass. In precedenza, la bandiera della Repubblica Araba Siriana, simbolo del regime appena caduto, era stata rimossa dall'edificio dell'ambasciata dopo che l'opposizione dei ribelli jihadisti ha preso il potere nel Paese.
E' il segno che la Russia, il principale sostenitore economico, politico e militare di Bashar Assad insieme all'Iran, ha sì concesso asilo "umanitario" al tiranno (che dopo molte incertezze è atterrato a Mosca insieme alla famiglia domenica), ma non ha intenzione di disimpegnarsi dalla Siria in modo così veloce. Non è un caso d'altronde, che gli stessi ribelli jihadisti guidati da al-Jolani abbiano subito preso i contatti con le autorità russe per gestire la transizione.
In ogni caso, spiega l'ex rappresentante italiano presso la Nato Stefano Stefanini al Messaggero, la caduta di Assad "è una battuta d'arresto per Russia e Iran, e noi ci troviamo a fronteggiare un'alleanza Russia-Iran-Corea del Nord che fa la guerra all'Ucraina, da noi sostenuta". Secondo l'ambasciatore, i russi "faranno il possibile" per conservare le basi di Latakia e Tartus, ma "bisognerà vedere se con forze proprie o col consenso del futuro governo siriano. Sicuramente, i ribelli non hanno molta simpatia per i russi che per circa 9 anni li hanno bombardati regolarmente". Per Stefanini, "dipenderà pure dal pragmatismo o meno dell'Occidente, se riuscirà ad avviare un dialogo coi nuovi poteri in Siria. Non è facile. Il problema è chi lo fa, se Trump ha già detto: stiamo fuori dalla Siria. Si vedrà se questo comporti il ritiro degli americani dalle basi create in Siria, in funzione anti-terrorismo. In Siria e in Iraq".
In Siria, sottolinea invece il ministro della Difesa italiano Guido Crosetto in una intervista a La Stampa, "ora si apre una transizione difficile piena di incognite: da un lato, ribelli vittoriosi già spaccati in fazioni, dall'altro la volontà di ripristinare un sistema democratico. Ma anche divisioni nel mondo arabo, estremisti che si odiano tra loro, tensioni sui confini". La caduta di Assad "è l'effetto di quanto accaduto non negli ultimi giorni, ma anni: l'indebolimento dell'Iran, dei suoi proxy, in primis Hezbollah, e della Russia, alle prese con il fronte ucraino". Ora "Erdogan ha in mano un risultato che persegue da anni, ma non pensava così vicino", ha aggiunto Crosetto "e aumenta il suo potere di aprire e chiudere i rubinetti verso la Ue". L'Europa è "affetta da nanismo politico" sul piano internazionale e divisa tra i vari membri: "Questo contesto regala potere a Erdogan. Un pragmatico. Potrebbe non accontentarsi più di aiuti economici, ma sfruttare la fragilità Ue per puntare all'ingresso in Europa. Per la Turchia, una rivoluzione: stabilità monetaria e prospettive enormi per l'industria, ma con un impatto negativo, di pari entità, sull'industria Ue".