Galletti a picco

Francia, se cade Barnier? Voto a settembre o caso totale: gli scenari

Mauro Zanon

Ieri pomeriggio, durante il question time all’Assemblea nazionale, Michel Barnier ha fatto l’ultimo tentativo per convincere il Rassemblement national (Rn) di Marine Le Pen e il Nuovo fronte popolare (Nfp), la coalizione delle sinistre guidata dalla gauche radicale di Jean-Luc Mélenchon, a non staccare la spina del governo: agitando ancora una voltalo spettro dell’apocalissi finanziaria e del caos istituzionale come aveva fatto la scorsa settimana in diretta su TF1, quando aveva evocato per la Francia uno scenario alla greca in caso di caduta dell’esecutivo. «Sono sicuro che il voto di una mozione di censura renderà tutto più difficile e più grave», ha dichiarato ieri Barnier in risposta al capogruppo dei deputati comunisti André Chassaigne.

Ma il destino dell’ex capo negoziatore della Brexit per l’Ue è segnato: non ci sarà nessun passo indietro da parte di Rn e Nfp. I 124 deputati del partito sovranista voteranno la loro mozione di censura, e soprattutto quella presentata da Nfp, che conta 192 deputati: basteranno 288 voti per far saltare il governo. «Non è con la gioia nel cuore che partecipiamo alla prima caduta del governo dal 1962», ha dichiarato ieri a BfmTv il deputato socialista Arthur Delaporte, in riferimento all’ultima volta che la mozione di censura ha avuto il suo effetto: la mozione del 1962 contro l’elezione del presidente della Repubblica a suffragio universale, che fece cadere l’allora governo Pompidou.

Data per certa la sfiducia a Barnier, i notisti politici hanno già iniziato a delineare gli scenari sondati dal presidente Macron. Il primo, e più probabile, è la nomina di un primo ministro capace di guidare un ampio fronte repubblicano, dalla sinistra socialista alla destra gollista, passando dal cosiddetto “blocco centrale”. I nomi che circolano con più insistenza sono quelli dell’ex primo ministro Bernard Cazeneuve, socialista pragmatico con buone entrature nel gollismo, e Sébastien Lecornu, attuale ministro delle Forze armate cresciuto nei Républicains, il partito gollista, ma apprezzato anche a sinistra.

 

 

 

Il secondo scenario è quello di un governo tecnico, à l’italienne, che permetterebbe di votare il bilancio 2025 d’urgenza, evitare gli scossoni dei mercati finanziari e far girare il Paese fino a giugno 2025, prima di una nuova eventuale dissoluzione. Il nome più quotato per prendere le redini di un esecutivo di questo tipo è Thierry Breton, ex Commissario europeo per il Mercato interno che era già stato evocato quest’estate al posto di Barnier.

Il terzo scenario è un governo Nfp con Lucie Castets, la candidata designata quest’estate dal fronte goscista, alla guida. «Sono pronta a governare con le forze del Nuovo fronte popolare e con i responsabili della società civile che hanno dato un grande contributo in termini di riflessione sulle politiche pubbliche», ha dichiarato ieri Castets. Il quarto scenario, il più improbabile, sono le dimissioni del capo dello Stato. L’ipotesi è invocata sia da Marine Le Pen sia da Jean-Luc Mélenchon. Ma nulla, dal punto di vista legislativo, obbliga Macron alle dimissioni, anche in caso di un nuovo governo ogni settimana, dunque con una situazione di forte instabilità. «Il presidente è stato eletto democraticamente, legittimamente», ha dichiarato il ministro dell’Interno, Bruno Retailleau, deplorando i desideri di “caos istituzionale” degli Insoumis e dei lepenisti.

 

 

 

L’obiettivo di Macron, secondo la maggior parte degli osservatori, è quello di tirare a campare fino alla prossima estate, prima di sguainare nuovamente l’arma della dissoluzione. «Macron non si dimetterà mai», ha detto un ministro in forma anonima al Parisien, prima di aggiungere: «Sta pensando al segno che lascerà nella storia. Nominerà un governo Barnier 2, 3,4 o 5 se sarà necessario, e scioglierà di nuovo l’Assemblea a settembre se sarà necessario. Ma vuole poter dire: sono l’ultimo baluardo della stabilità istituzionale». La conferma è arrivata ieri dallo stesso Macron, attualmente in visita in Arabia Saudita. «È fantapolitica», ha detto l’inquilino dell’Eliseo in merito agli appelli a dimettersi prima del 2027. «Non ha alcun senso, non è all’altezza della situazione dire quelle cose. Se sono davanti a voi, è perché sono stato eletto due volte dal popolo francese. Sono estremamente fiero e onorerò questa fiducia con tutta la mia energia fino all’ultimo secondo per essere utile al Paese», ha aggiunto Macron, denunciando il «cinismo assoluto» di Rn in caso di voto della mozione di censura con Nfp.