Il Medio Oriente esplode
Siria, le mosse di Putin e Iran: "Soldati entrati nella notte"
Milizie sostenute dall'Iran sono entrate in Siria dall'Iraq durante la notte e si stanno dirigendo verso il nord del Paese per dare manforte alle forze dell'esercito di Bashar al-Assad che combattono contro i ribelli: lo riportano i media internazionali, che citano due fonti dell'esercito siriano. "Si tratta di nuovi rinforzi inviati per aiutare i nostri compagni in prima linea nel nord", ha dichiarato un'alta fonte dell'esercito.
La situazione nel Paese devastato da decenni di guerra civile violentissima e un regime tra i più sanguinari in tutto il Medio Oriente sta nuovamente deflagrando proprio a causa delle ingerenze delle super-potenze della regione. Russia, Turchia (che ha mire territoriali dichiarate sul Paese) e Iran stanno con Bashar, gli Stati Uniti sono intervenuti per permettere ai civili di lasciare Aleppo.
La Casa Bianca, così come Francia, Germania e Gran Bretagna, hanno chiesto una de-escalation: "L'attuale escalation non fa che sottolineare l'urgente necessità di una soluzione politica guidata dalla Siria al conflitto, in linea con la risoluzione 2254 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite", si legge nella dichiarazione rilasciata dal Dipartimento di Stato degli Stati Uniti, che fa riferimento alla risoluzione Onu del 2015 che ha approvato un processo di pace in Siria. Un appello destinato a cadere nel vuoto, almeno per le prossime ore.
"Sono molto preoccupato per quello che sta accadendo in Siria, per le centinaia di morti che rischiamo di avere ancora. Ma se scoppia una guerra civile, il vero rischio per noi è che ci sia un collasso migratorio, così come c'è stato in occasione della prima guerra civile siriana, con la fuga, allora, verso il Libano e verso la Germania dove furono accolti da Merkel. Oggi non ci possiamo permettere un'altra emergenza migratoria", è l'allarme lanciato dal ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani, intervistato da Nazione, Resto del Carlino e Giorno. Oggi, spiega Tajani, "sarò al Cairo per partecipare alla Conferenza umanitaria per rafforzare la risposta a Gaza, co-organizzata da Egitto e Nazioni Unite. L'incontro sarà anche il primo momento in cui la comunità internazionale potrà confrontarsi anche sul nuovo fronte della crisi in Siria".
Dal punto di vista militare, almeno 25 persone sono state uccise nel nord-ovest del paese negli attacchi aerei effettuati ieri dal governo siriano e dalla Russia, ha scritto su X il servizio di soccorso gestito dall'opposizione siriana, noto come Caschi Bianchi. Aleppo, la seconda città della Siria, non è più sotto il controllo del regime di Bashar. Dopo una folgorante offensiva, l'alleanza ribelle ha ormai il controllo totale della città. Per la prima volta dall'inizio del conflitto nel 2011, Aleppo è dunque fuori dal controllo delle forze del regime siriano. Il travolgente successo dei ribelli rappresenta per il presidente Bashar al-Assad la sfida più grande degli ultimi otto anni, da quando la potenza aerea russa ha contribuito a invertire le conquiste dei ribelli nella guerra civile. E, di fronte alla nuova minaccia, Mosca ha ribadito il suo sostegno a Damasco. "L'Esercito arabo siriano, con l'aiuto delle forze aerospaziali russe, continua la sua operazione volta a respingere l'aggressione terroristica nelle province di Idlib, Hama e Aleppo", ha affermato in una nota il ministero della Difesa russo secondo il quale ieri "sono stati effettuati attacchi missilistici e bombardamenti sui luoghi in cui erano riuniti i militanti e le attrezzature". In tali operazioni "Almeno "320 militanti sono stati eliminati". I combattenti ribelli hanno lanciato la loro offensiva mercoledì nel nord-ovest della Siria, conquistando decine di località prima di raggiungere Aleppo, il cuore economico del paese. Al momento secondo l'ong OSDH negli scontri avrebbero perso la vita più di 370 persone. L'Ong ha riferito ieri di otto morti, tutti civili, tra cui due bambini e una donna, e di 50 feriti, in seguito ai bombardamenti di aerei russi in uno dei campi degli sfollati a Idlib, roccaforte dei gruppi ribelli. In precedenza, erano state denunciate le morti di cinque persone in altri attacchi russi vicino all'Università di Aleppo, senza specificare se fossero civili o combattenti. Questi combattimenti sono i primi di questa portata dal 2020 in Siria, dove la guerra civile iniziata nel 2011, che ha coinvolto belligeranti sostenuti da diverse potenze regionali e internazionali, e gruppi ribelli, ha lasciato un Paese frammentato in diverse zone di influenza.