Il caso
"Le Pen non deve essere eletta": bomba dalla Francia, la mossa della Procura
Dopo una fase istruttoria di otto anni e un processo durato poco più di un mese, i giudici della procura di Parigi hanno chiesto cinque anni di carcere, una multa di 300mila euro e cinque annidi ineleggibilità ai danni di Marine Le Pen, madrina del sovranismo francese, nell’ambito dell’inchiesta che la vede coinvolta assieme ad altri 24 esponenti del suo partito, il Rassemblement national (Rn), con l’accusa di aver usato in modo improprio i fondi pubblici del Parlamento europeo tra il 2004 e il 2016. «L’unica cosa che interessava all’accusa era Marine Le Pen, per poter chiedere la sua esclusione dalla vita politica (...) e poi Rn, per poter rovinare il partito», ha reagito Le Pen. A due anni e mezzo dalle presidenziali, la procura manifesta «una volontà di privare il popolo francese della possibilità di votare per chi desidera», ha aggiunto la leader sovranista. Secondo i magistrati, Marine è stata tra il 2004 e il 2016 al «centro» di un «sistema organizzato» volto a fare dell’Europarlamento la “vacca da mungere” di Rn.
LA SEGNALAZIONE DI SCHULZ
Il caso è iniziato nel 2015, in seguito a una segnalazione dell’allora presidente del Parlamento europeo, Martin Schulz. Nel dettaglio, assieme agli altri quadri della formazione sovranista, la figlia di Jean-Marie Le Pen avrebbe usato i fondi pubblici del Parlamento europeo per pagare collaboratori che in realtà non lavoravano a Strasburgo ma per conto dell’allora Front national (Fn) per missioni nazionali. «Le scandalose richieste della procura mirano a privare milioni di persone del loro voto nel 2027. È un attacco alla democrazia», ha tuonato Jordan Bardella, presidente di Rn dall’autunno del 2022, secondo cui la procura non ha agito secondo giustizia, ma in un’ottica di “vendetta” contro la tre volte candidata alle presidenziali. Gli altri nomi di spicco dell’affaire sono Louis Aliot, ex vice presidente di Rn, Bruno Gollnisch, con un passato da numero due del partito, Wallerand de Saint-Just, tesoriere all’epoca dei fatti contestati, e Catherine Griset, ex capo dello staff di Marine Le Pen. Ciò che inquieta maggiormente lo Stato maggiore di Rn è la richiesta di un’«esecuzione provvisoria» della sentenza di primo grado, ossia che venga applicata immediatamente, anche in caso di ricorso. Qualora il tribunale confermasse sia l’ineleggibilità sia l’esecuzione provvisoria, Le Pen non potrebbe infatti candidarsi né alle elezioni locali né a quelle nazionali per cinque anni. In altre parole: addio Eliseo. «I procuratori hanno chiesto delle pene inaudite contro Marine Le Pen e i dirigenti del nostro movimento, senza alcuna sfumatura o presa in considerazione delle realtà della vita parlamentare», ha scritto Rn in un comunicato, lanciando una petizione online intitolata “Défendez la démocratie, soutenez Marine”.
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ORBAN EVOCA LA VITTORIA DI TRUMP
I sospetti di persecuzione giudiziaria sono stati avanzati anche da uno che non può certo essere definito amico di Marine Le Pen come Gérald Darmanin, ex ministro dell’Interno in quota macronista dopo annidi gollismo. «Si combatte Marine Le Pen nelle urne, non altrove», ha commentato su X Darmanin, definendo «scioccante» lo scenario che potrebbe andarsi a delineare, con la candidata del fronte sovranista esclusa dai giochi nel 2027. È lo stesso pensiero del leader della Lega, Matteo Salvini, secondo cui Le Pen è vittima di una persecuzione giudiziaria da parte di una magistratura politicizzata. «Anche in Francia provano in tutti i modi a fermare la volontà popolare e il democratico vento del cambiamento. A nome mio e di tutta la Lega, mando all’amica e alleata Marine tutto il nostro sostegno. Non mollare!», ha scritto su X mercoledì sera il vicepremier italiano. Ieri mattina, ai microfoni di “24 Mattino”, Salvini ha rincarato la dose, paragonando il suo caso a quello di Marine e Trump: «Che nei confronti di chi non è allineato al pensiero woke e sinistro ci sia qualche attenzione in più a Parigi, come a Palermo e a Washington mi sembra più che oggettivo». Dall’Ungheria, è arrivato un altro messaggio di solidarietà, quello del primo ministro, Viktor Orbán: «Marine non dimenticare che siamo al tuo fianco in questa battaglia! E non dimenticare che la persecuzione giudiziaria è stata una tappa cruciale verso la vittoria del presidente Trump».