Rischio fuga

Donald Trump vince? "Ecco chi è pronto a fuggire dagli Usa": la sparata del "Domani"

Chi sarebbe a rischio negli Usa in caso di vittoria di Donald Trump? Gli scienziati e i ricercatori cinesi. Lo scrive Michelangelo Cocco, analista politico del Centro studi sulla Cina Contemporanea, sul quotidiano Domani. L'attenzione è tutta sulla "China Initiative", il programma lanciato nel 2018 - sotto l’amministrazione di Trump - per contrastare lo spionaggio economico cinese nelle università e negli istituti di ricerca. E se oggi il presidente Joe Biden ha escluso la sua firma per convertire la proposta in legge, in futuro è molto probabile che il tycoon, se eletto presidente, punti di nuovo su quel provvedimento.

"Negli Stati Uniti - ha scritto Cocco - saranno di nuovo tutti sospettati di essere spie comuniste, come nella peggiore tradizione del maccartismo. La China Initiative è emblematica del nuovo contesto geopolitico in cui la 'sicurezza nazionale' si è insinuata, intossicandole, in ogni anfratto delle relazioni sino-statunitensi". Il provvedimento venne cancellato da Biden nel febbraio 2022. Poi, però, l’11 settembre scorso 214 repubblicani e 23 democratici hanno deciso di riproporlo nell’ambito del pacchetto di 25 provvedimenti approvati durante la China Week promossa dal bipartisan “Comitato speciale della Camera sulla competizione strategica tra gli Stati Uniti e il Partito comunista cinese”, istituito sotto la presidenza Biden.

 

 

 

"Non c’è nessun paese che rappresenti una minaccia più seria della Cina per le nostre idee, la nostra innovazione e la nostra sicurezza economica", ha detto il direttore dell'Fbi, Christopher Wray. Alla luce di questo, se da una parte molti ricercatori cinesi hanno deciso di schierarsi con Kamala Harris, dall'altra in tanti hanno sostenuto che ormai il clima è avvelenato, chiunque la spunti il 5 novembre. Secondo uno studio del 2024, tra l'altro, il numero di scienziati nati in Cina che hanno lasciato gli Stati Uniti dall’inizio della China Initiative sarebbe aumentato del 75 per cento. E la maggior parte sarebbe poi tornata in Cina.