Parole chiare

Donald Trump: "Non tentate di colpirmi o vi faremo esplodere in mille pezzi", chi c'è nel mirino

Dario Mazzocchi

 Il pugno duro con l’Iran, il ritorno sul luogo del mancato delitto e il duro richiamo al presidente ucraino Volodymyr Zelensky: Donald Trump tiene banco nella campagna presidenziale americana che marcia verso il 5 novembre. Il candidato repubblicano ha attaccato di petto il regime di Teheran dopo «le minacce reali e specifiche di assassinarlo, nel tentativo di destabilizzare e generare caos negli Stati Uniti», come si legge in un comunicato rilasciato dal suo staff, e riferite direttamente dall’intelligence statunitense. «Se fossi il presidente», ha scandito il tycoon durante un comizio in North Carolina, «informerei chi ci minaccia, in questo caso l’Iran, che se facesse qualcosa per far del male ad un ex presidente, faremmo esplodere in mille pezzi tutte le sue più grandi città».

I destinatari del messaggio hanno giudicato le accuse «ridicole e infondate». A farlo è stato Nasser Kanani, portavoce del ministero degli Esteri iraniano, che però ha colto l’occasione per ricordare come il suo governo sia determinato «a perseguire i responsabili dei crimini commessi contro il popolo iraniano»: un richiamo alla vendetta per la morte del generale Qassem Soleimani, avvenuta il 3 gennaio 2020 con un attacco autorizzato dall’amministrazione Trump. Dallo stesso palco il candidato dei Repubblicani non ha risparmiate aspre critiche a Zelensky, definendolo «il miglior piazzista sulla faccia della Terra» per i sostegni economici e militari che continua a ottenere da Washington. Uno sforzo inutile perché «continuiamo a dare miliardi ad un uomo che rifiuta di concludere un accordo: c’è un Paese raso al suolo, impossibie da ricostruire».

 


Ecco perché, ha agiunto, è il momeno di chiamare sia ladimir Putin che Zelensky a trovare una soluzione. Il presidente ucraino è ospite alla Casa Bianca e nei programmi c’è un incontro con l’ex presidente, destinato con tutta probabilità a saltare. Intanto Trump il prossimo 5 ottobre tornerà a Butler, la città della Pennsylvania dove il 13 luglio subì il primo attentato. La Pennsylvania è uno degli Stati dove si gioca la battaglia elettorale con la sfidante democratica Kamala Harris. Oltre a ringraziare le forze dell’ordine, i soccorritori e la comunità per l’affetto dimostrato, renderà omaggio a Corey Comperatore, vigile del fuoco ucciso dai colpi del cecchino Thomas Crooks per proteggere la sua famiglia. Dalle indagini della commissione del Senato che sta investigando sui fatti sono emerse nelle ultime ore nuove falle del Secret Service, tra cui la totale impreparazione di un agente addetto alla sorveglianza con i droni. Per questo, Melania Trump, presentando il suo nuovo libro a Fox News, ha osservato: «Il 13 luglio è stato un miracolo, lui avrebbe potuto non essere più con noi» e non ha mancato poi, parlando anche del secondo tentato assassinio del marito, il 14 settembre a Palm Beach, di affermare che «molte domande» sono ancora senza risposta e le circostanze attorno alle inchieste «non sono normali».

Per un Trump che va all’attacco, c’è una Harris sulla difensiva su un tema caro all’elettorato progressista: il Green New Deal, piano multimiliardario sulle politiche energetiche, bloccato dall’ostruzionismo del Senato. Se nel 2019 sosteneva che da presidente sarebbe intervenuta per superare l’ostacolo, a questo giro ha aggirato la questione durante un’intervista radiofonica, allungando la lista dei punti sui quali tergiversa, tra cui la pena di morte e la depenalizzazione della prostituzione.