Corsi e ricorsi

La Polonia fa ancora litigare russi e tedeschi: quando la storia si ripete

Marco Patricelli

Gli ingrati polacchi non solo non hanno ringraziato i russi di essere stati invasi, massacrati e deportati nel 1939, e poi rioccupati nel 1945, ma si permettono pure di essere irriconoscenti nei confronti di chi corse in aiuto delle minoranze per «salvarle dal genocidio». Lo sostiene adesso il ministero degli Esteri di Mosca nell’ennesimo patetico tentativo di mistificare, strumentalizzare e distorcere agiograficamente la storia. Putin non è stato da meno dei suoi predecessori al Cremlino d’era sovietica, essendo stato l’artefice della chiusura degli archivi sull’eccidio di Katyn (22.000 ufficiali polacchi giustiziati con un colpo alla nuca) e della narrazione fantasiosa e politicizzata dei fatti del periodo 1939-1945 a uso e consumo della propaganda. Ora a detta del Cremlino quando l’Armata Rossa il 17 settembre 1939 invase da Est la Polonia senza dichiarazione di guerra e in spregio a un patto di non aggressione, lo fece per tutelare le minoranze: mica in ossequio al Patto Ribbentrop-Molotov sottoscritto a Mosca il 23 agosto con cui Hitler e Stalin nel protocollo segreto si spartivano una fetta d’Europa con tanto di cartina. 

QUEL 17 SETTEMBRE
I fatti raccontano che alle 3 del mattino del 17 settembre l’ambasciatore polacco a Mosca, Grzybowski, venne svegliato da Molotov per vedersi consegnare una nota nella quale si sosteneva che la guerra tedesco-polacca (divampata il primo settembre) aveva portato al tracollo lo Stato e che «dopo dieci giorni di operazioni militari la Polonia ha perso il controllo di tutte le aree industriali e dei centri culturali»; quindi «Il governo polacco ha collassato e non dà segni di vita. Ciò indica che lo Stato e il Governo polacco hanno cessato di esistere a tutti gli effetti» e di conseguenza «i trattati conclusi tra la Polonia e l’Unione Sovietica non hanno più validità». Inoltre Stalin non può tollerare che i fratelli ucraini e bielorussi che vivono nella Polonia orientale siano abbandonati senza alcuna protezione e quindi ha impartito l’ordine al comando supremo dell’Armata Rossa di oltrepassare il confine con un milione e mezzo di soldati, 6000 carri armati, 1800 aerei e 9000 cannoni (più di 120 divisioni contro 18 battaglioni polacchi sparsi lungo 1.300 km di frontiera), per «proteggere le popolazioni e i loro averi nell’Ucraina e nella Russia Bianca occidentale». 

Il Governo sovietico vuole poi «salvare il popolo polacco dalla guerra disastrosa in cui è stato precipitato dai suoi insensati governanti e di assicurargli la possibilità di vivere in pace». Tutto era stato previsto e pianificato, invece, nell’allora segretissimo protocollo in quattro paragrafi del Patto Ribbentrop-Molotov, che prevedeva la quarta spartizione della Polonia: all’Unione Sovietica andavano poi la Finlandia, l’Estonia, la Lettonia e il territorio a est della linea segnata dai fiumi Narew, Vistola e San (I, n. 2); al Terzo Reich i territori a ovest (I, n. 1) e la Lituania. Il 29 settembre 1939 Ribbentrop firmerà a Mosca un nuovo patto, il «Trattato tedesco-sovietico di amicizia e delle frontiere»; il primo dei tre protocolli supplementari segreti modificava quello del 23 agosto facendo ricadere il territorio della Lituania nella zona di influenza sovietica; in cambio ai tedeschi andavano Varsavia e Lublino. 

Il confine tra Urss e Terzo Reich correva lungo il corso dei fiumi Bug e San. La cartina è stata mostrata dal ministero degli Esteri tedesco alla luce della sortita russa di queste ore. Stalin si appropriò nel 1939 del 52% del territorio polacco (200.000 chilometri quadrati) e del 38% della popolazione (13,5 milioni). Poi, secondo uno stile consolidato adottato pari pari da Putin nel Donbass, i sovietici organizzarono per il 22 ottobre 1939 elezioni referendarie sotto la sorveglianza dei commissari del popolo e dell’Armata Rossa. La popolazione si recò «volontariamente» alle urne, il 99,8% degli elettori votò l’amato compagno Stalin e gli oltre 2400 candidati unici espressi dall’Armata Rossa che partecipava pure al voto in assenza di candidati locali comunisti. 

GLI ELETTI
Gli eletti si riuniranno il 27 ottobre a Leopoli e il 29 a Bialystok per chiedere l’annessione all’URSS e il Soviet supremo, con decreti del I e del 2 novembre, in considerazione dell’«espressione spontanea della volontà della popolazione», accoglierà la Bielorussia occidentale e l’Ucraina occidentale rispettivamente nella Repubblica socialista sovietica bielorussa e in quella ucraina. Questo racconta la storia. Quanto ai polacchi, la persecuzione fu sistematica da un lato e dall’altro, con fucilazioni sommarie, arbitri e deportazioni di massa nei lager e nei gulag. I sovietici negheranno l’esistenza del protocollo segreto durante il processo di Norimberga, nel 1946, impedendo la testimonianza del capo della sezione giuridica del Ministero degli esteri Friedrich Gaus, che aveva materialmente steso il testo del patto e del protocollo supplementare e, in assenza dell’originale andato perduto durante la guerra, non faranno produrre come prova il microfilm. Solo nel 1989 Mikhail Gorbacëv ammetterà pubblicamente la veridicità del protocollo segreto, che per gli storici da decenni non aveva più nulla di segreto.