L’imprenditore più discusso

Musk, genio innovatore odiato dai progressisti

Giovanni Sallusti

C’è da riparare a un’ingiustizia filosofica: abbiamo Leonardo Da Vinci, e lo stiamo trattando come un nazista dell’Illinois. E se l’incipit vi sembra esagerato, è perché siete assuefatti all’esagerazione opposta, quotidiana, smaccatamente fuori fuoco. Elon Musk è uno svitato razzista, il peggio del trumpismo, un tipo pericoloso per l’assetto delle istituzioni liberal-democratiche occidentali, che minaccia a suon di miliardi (tantissimi) e fake news (praticamente ogni volta che parla).

Al diavolo, nessuno è obbligato a farsi piacere il patron di Tesla (eccentrico e debordante laddove l’establishment globale è in genere allineato e discreto), ma a coltivare un rapporto minimo con la realtà, a non ridurla ad appendice dei propri pre-giudizi, quello sì. Elon Musk è un moltiplicatore di mondi, un esploratore delle facoltà conoscitive e progettuali umani, un frequentatore del limite, e a volte uno dei pochissimi che lo sposta in avanti.

 

 

 

POLARIS DAWN

Non lo diciamo noi biechi reazionari trump-muskiani, lo certifica la cronaca. Ieri, piattaforma 39A del Kennedy Space Center in Florida, ore 11,23 italiane. Con un razzo Falcon 9 è stata lanciata Polaris Dawn, la prima missione che prevede una passeggiata spaziale condotta da privati cittadini, non da astronauti “statali”. A bordo della navetta Crew Dragon di proprietà di SpaceX (il colosso aereospaziale fondato da Musk per permettere la “colonizzazione di Marte”, e non è un’iperbole commerciale, ci arriviamo) sono il miliardario Jared Isaacman, finanziatore del programma Polaris, il pilota Scott Poteete le specialiste di missione Sarah Gillis e Anna Menon.

Il viaggio durerà 5 giorni, durante i quali la navetta raggiungerà i 1400 chilometri di altitudine dalla Terra, battendo il record di 1.369 chilometri stabilito dalla missione Gemini 11 nel 1966. Proprio così, Musk là dove nessuno è mai arrivato, Musk un po’ Odisseo cosmico e un po’ Omero che lo racconta in diretta su uno dei principali canali narrativi contemporanei, peraltro di sua proprietà, l’X ex-Twitter. «Nel corso della missione, Dragon attraverserà ripetutamente le altitudini orbitali di oltre 10mila satelliti e detriti spaziali. Non c’è margine di errore nei nostri calcoli».

Chi lo sa se è così, di certo sono quel genere di calcoli che esondano dalla matematica pura e sfociano nella metafisica, aggradiscono l’infinito. C’è anche della “ubris”, ovviamente, nel personaggio, e a dosi più che massicce. Ma tocca capirci: è l’arroganza dell’intelletto che osa scavalcare se stesso, pensare l’impensabile e scoprirlo reale.

È, appunto, arroganza ulissiaca, non bullismo cripto-sovranista. Nonché, per inciso, un caso macroscopico di “mano invisibile” così come la pensava Adam Smith: perseguendo la massimizzazione del proprio profitto (e Dio, o qualunque cosa ci sia 1400 chilometri sopra il cielo, sa se Elon lo persegue), questa grandeur muskiana allarga i confini dell’umanità. Ad esempio: l’equipaggio della Polaris Dawn sarà il primo a testare nello spazio le comunicazioni laser di Starlink, la costellazione satellitare di SpaceX pensata per sfruttare Internet, ottenendo così informazioni sui sistemi di comunicazione necessari per i prossimi viaggi sulla Luna e su Marte.

Sì, su Marte, e qui viene a galla tutta l’anomalia di Elon. Chiunque altro avesse proferito le seguenti parole sarebbe stato preso nella migliore delle ipotesi per uno scrittore di fantascienza dotato di grande inventiva, se non per un bevitore compulsivo. «Le prime Astronavi per Marte partiranno tra 2 anni. Non ci sarà equipaggio a bordo e saranno utilizzate per testare l’affidabilità di un arrivo senza danni. Se l’atterraggio andrà bene, i primi viaggi con equipaggio saranno effettuati tra 4 anni». Da lì in poi, «il numero di voli crescerà in maniera esponenziale con l’obiettivo di costruire tra circa 20 anni le città in grado di sostenersi autonomamente».

L’ha detto lui un paio di giorni fa, e ha assunto immediatamente le dimensioni del notiziabile, dell’argomentabile, del fattibile. Meglio: del realizzabile. Perché Elon Musk ci rammenta che l’essenza dell’unico soggetto grazie a cui davvero esiste qualcosa come l’economia, ovvero l’imprenditore, è extra -economica, ha a che fare con l’ideale rinascimentale dell’homo faber e forse anche con la suggestione esistenzialista per cui l’uomo può sempre aggiungere qualcosa di nuovo, spostare più in là la realtà, anche di un millimetro, un millimetro enorme che esiste solo come ponte gettato tra lui e il mondo.

Capite che approcciare tutto ciò, per esempio, col bilancio dirigista e ragionieristico delle istituzioni europee, che hanno più volte minacciato di censurare X perché Musk è dissonante, Musk è un libertario per cui il nostro non è il migliore dei mondi possibili, nemmeno quello occidentale, insomma perché fondamentalmente è un rompi coglioni, non è drammatico, è molto peggio: è ridicolo. In generale, per criticare chi realizza l’ir-realizzabile, o già solo s’imbarca nell’azzardo titanico di provarci, sarebbe buona regola che le critiche provenissero da chi, almeno per un giorno, abbia vissuto di risorse proprie, ottenute grazie a un’idea propria. Il che taglia fuori la quasi totalità degli intellò italici, ci rendiamo conto. Del resto, come direbbe Elon, «la vita è troppo breve per i rancori a lungo termine». C’è troppo da produrre, c’è troppo da inventare, c’è perfino da andare su Marte.