Usa stufi dell'Europa snob: "Non ci vogliono? Non andiamo"

Daniele Dell'Orco

C’è un detto piuttosto popolare negli Stati Uniti che recita: «Lancia un sasso a Manhattan e colpirai un newyorkese che si sta preparando per una vacanza in Europa». Il soggiorno nel Vecchio Continente è un’esperienza di culto per l’americano medio-alto borghese, da sempre. Se non altro perché, per via della bussola rotta di Colombo, le radici profonde di quasi tutti gli statunitensi di oggi portano al di qua dell’Oceano. Oltre a storia, arte, paesaggi e modo di vivere, quindi, l’Europa per gli americani significa anche “casa”. Eppure, per decenni la bilancia del turismo da e verso l’America è stata sbilanciata in favore di quest’ultima. Fino al 2018, quando la proporzione è cambiata per la prima volta. E la disparità, nel giro di poco, è diventata folle: 20,2 milioni di americani hanno visitato l’Europa nel 2023 rispetto a 13,2 continentali volati in gita oltreoceano.

Questo straordinario boost turistico è ovviamente multifattoriale. Ma, di sicuro, nella società Netflix i principali sponsor per il turismo europeo sono gli show televisivi. E non è un caso che dopo il biennio pandemico, quando cioè abbeverarsi di serie tv era uno dei pochi modi per combattere la pazzia, la forbice sia diventata quasi doppia. In quel lasso di tempo, tutti, in America, hanno maturato la spasmodica voglia di viaggiare. E (anche) la tv li ha indirizzati verso le nostre latitudini.

Uno show in particolare, la seconda stagione di “The White Lotus”, commedia drammatica di successo della HBO ambientata in un resort di lusso in Sicilia, ha avuto una duplice valenza: ispirare molti viaggiatori a fare lo stesso e rendere popolare il principale effetto collaterale di questa marea di turisti in trasferta in Europa: le cattive abitudini. Nello show, allo White Lotus di Taormina alloggiano vari personaggi, tutti statunitensi, tutti alle prese con grane sentimentali, tutti ovviamente ricchissimi, tutti chiassosi, lussuriosi, un po’ rozzi e per niente capaci di trattare con delicatezza e rispetto l’ambiente circostante, sia sociale che naturale.

Un aspetto, quest’ultimo, che negli Usa ha scatenato un dibattito, ormai annoso, facendogli toccare nuove vette. Secondo molti, gli americani con i loro atteggiamenti starebbero addirittura “rovinando l’Europa”. Per altri invece, come il blogger Ben Dreyfuss, figlio del premio Oscar Richard Dreyfuss (protagonista di “Goodbye amore mio!”), gli editorialisti severi dovrebbero starsene zitti, il Vecchio Continente sarebbe sopravvalutato (anzi, scrive, testualmente: «Fa schifo») e, piuttosto che essere considerati elementi di disturbo, gli americani farebbero meglio a portare le loro valigie piene di dollari altrove.

Il target statunitense è da tempo molto ambito per enti del turismo, tour operator e società di gestione delle destinazioni in tutto il mondo, perché quando viaggia porta con sé una buona fetta dei circa 70mila dollari all’anno di stipendio medio (sono i settimi più alti al mondo). Per l’Europa mediterranea ciò significa un Pnrr turistico ben più efficace dei fondi Ue per portare le economie fuori dalla crisi post-Covid. Italia, Spagna, Grecia e Portogallo da sole assorbono circa un terzo dei 500 miliardi di dollari annui che i turisti sversano in Europa. E, tra questi, gli americani sono parecchi, in aumento del 55% rispetto a un anno fa. Non essendo solo “fast tourists”, cioè viaggiatori che con cento lire dormono negli ostelli, mangiano hamburger da 5 euro e bivaccano nelle piazze tracannando birra in lattina, cercano esperienze chiavi in mano che uniscano discreti livelli di lusso, viaggi organizzati, cibo locale, comfort. Complice il dollaro più forte rispetto a una decina d’anni fa, la loro capacità di spesa, già alta, è persino aumentata del 7-8%, e le economie di intere città si stanno ridisegnando. A Roma, dove il turismo sta contribuendo a sostenere le economie locali, la tariffa giornaliera media per camera è aumentata del 42% dal 2019, arrivando a circa 200 euro a notte. Una manna per gli hotel, i B&B, ma anche gli appartamenti privati, con una fetta di mercato immobiliare che si muove proprio grazie agli acquisti uso investimento per soggiorni brevi.

Questo volume di banconote col faccione di George Washington porta con sé dei lati oscuri. Tra questi, sì, il chiasso, un certo senso di sfrontatezza e impunità tra i giovani, le cattive abitudini. Non si può generalizzare, ma è oggettivo. In Giappone ad esempio, che sta sperimentando un’ondata di “overtourism” senza precedenti al ritmo di 3 milioni di visitatori al mese, il comportamento dei turisti americani ha spinto alcuni siti a cambiare politica, restringendo, se non addirittura impedendo del tutto, gli accessi. Negli Usa esistono addirittura blog di viaggio che elencano le norme comportamentali da seguire per evitare di essere rudi in giro per il mondo: dall’uso corretto di forchetta e coltello, alle (laute) elargizioni di mance, fino agli esercizi zen di pazienza quando così lontani da casa non si trovano di fronte al bancone del bar le trottole di Starbucks.

Cionondimeno, se il turismo dev’essere il petrolio d’Europa, e in effetti lo è, vorrà dire che anche gli europei dovranno imparare a fare un po’ meglio pubbliche relazioni e guadagnarsi la pagnotta interagendo financo coi texani nemico del bon ton. Oppure, una volta fiutata l’occasione, imparerà a farlo meglio qualcun altro. Da qualche altra parte.