Gli scontri nel Regno Unito

Gran Bretagna, il disastro multiculturale sotto il velo del razzismo

Corrado Ocone

Cosa sta succedendo Oltre Manica? I disordini e i tafferugli nelle città del Regno Unito non accennano a diminuire. In molte città è ormai il caos, con negozi incendiati e una “caccia all’uomo” che sembra non avere fine. In un continuo alternarsi di provocazioni e atti vandalici fra estremisti di religione islamica ed estremisti autoctoni. Ma anche con manifestazioni pubbliche “pacifiche” di cittadini critici delle politiche sull’immigrazione del governo. Una classe politica seria e responsabile dovrebbe porsi in prima istanza la domanda del “perché” e del “perché ora”, cioè a poco più di un mese dall’insediamento di un nuovo governo con una nuova maggioranza politica? Quello a cui assistiamo è invece a un tentativo di interpretare la situazione in modo semplicistico, banale, prevedibile. E quindi di negare il problema della mancata integrazione, occultandolo, negandolo, trovando dei facili capri espiatori.

Basterebbe fare un giro per la provincia britannica, oppure nei quartieri più poveri delle grandi città, per rendersi conto della difficoltà di convivenza fra gli inglesi e gli ormai tantissimi individui provenienti da altre culture e civiltà, con altri e diversi modi di vita e altri valori. Una conflittualità culturale che ad un certo punto è diventata anche economica, instillando una guerra fra poveri per accaparrarsi risorse per principio non infinite (a cominciare da quelle del Welfare). Come prevedibile, l’attuale governo laburista sta seguendo però la strada più semplice, avvalorando una lettura ideologica della realtà. La sua volontà manifesta è di agire non con la politica ma con la repressione, marcatamente a senso unico. A fare da spalla sono tutti i media progressisti, i quali hanno messo mano al solito e collaudato repertorio usato in queste circostanze.

 

 

Ovviamente, il concetto più facile da usare è quello di razzismo, circoscrivendolo a orde di estremisti di destra ed hooligans che avrebbero scatenato una “caccia al musulmano” agendo in preda ad un furore “suprematista”. I quali, se pur ci sono, sono una piccolissima minoranza: una sorta di perverso epifenomeno di un disagio vero e generalizzato con cui occorrerebbe fare i conti. Chi è il vero razzista: colui che nega la realtà insistendo sulla validità del modello multiculturale inglese, che è chiaramente fallito, o chi vuole lavorare seriamente sull’integrazione e quindi regolare l’afflusso di stranieri in modo che sia sostenibile per tutta la società? Può essere bollato come razzistico il sentimento comune di una nazione che, col suo Impero, ha incluso in passato nelle sue istituzioni popoli ed etnie più diversi?

Il principio liberale che guidava quegli uomini, che non erano tutti avidi “conquistatori” e truci “colonizzatori”, come li presenta la vulgata oggi dominante, era l’uguale dignità e parità, ma anche responsabilità, di ogni individuo. Scalfire questo principio tollerando l’esistenza sul territorio di “zone franche” che non rispondono alla legge inglese non è forse una inutile provocazione per chi ha ancora nelle proprie vene tracce del dna liberale? E non lo è anche giustificare in nome del politicamente corretto azioni delinquenziali o criminali commesse da appartenenti alle minoranze, i quali godono di una particolare attenzione e giustificazione in nome del malinteso “senso di colpa” che le élite occidentali coltivano da tempo verso se stesse e la propria storia?

Un altro topos, prontamente messo in campo, è quello delle fake news. Le proteste, si è letto da varie parti in questi giorni, sarebbero aizzate da notizie false messe in rete da estremisti e anche da Stati esteri. Il che non fa i conti col fatto che in rete circola un po’ di tutto e che tutte le informazioni sono ugualmente influenti o non influenti, anche a seconda della loro plausibilità e del riscontro che trovano nella vita vissuta. Un altro motivetto scontato è poi quello dell’islamofobia, a cui si è richiamato nei suoi interventi Starmer, minacciando un inasprimento delle pene per un reato che resta di opinione, per quanto esecrabile, fino a che non si tramuta in azioni concrete.

A dare il tocco finale alla solita canzone d’organetto a cui la sinistra è arrivata poi l’ulteriore mostrificazione di colui che è ormai la bestia nera del progressismo mondiale, quell’Elon Musk che in un tweet ha cercato di leggere la realtà per quello che è. Egli non ha fatto altro che ammonire sulla possibilità di una “guerra civile” se non si avrà il coraggio di affrontare la situazione alla radice. Aspettarsi il coraggio da questa sinistra non è però certamente lecito.