Cerimonia olimpica

Francia, il macronismo che deride la sua cultura e il suo popolo non è satira: sa di regime

Antonio Socci

Il giorno in cui la Francia macroniana ha mostrato in mondovisione una grottesca parodia dell’Ultima Cena di Cristo, era l’ottavo anniversario del martirio di padre Jacque Hamel. Il 26 luglio 2016, nella chiesa di Santo Stefano di Saint-Étienne-du-Rouvray, a Rouen, questo sacerdote di 85 anni, alla fine della Messa (che, fra l’altro, è proprio l’attualizzazione dell’Ultima Cena), fu sgozzato da due estremisti fedeli allo Stato islamico. Il vecchio sacerdote fu costretto a inginocchiarsi, ma prima di essere sgozzato disse: «Vattene, Satana!», «lontano da me, Satana!».

Nella Francia reale un prete viene sgozzato sull’altare e bruciano chiese e cattedrali (a partire da Notre Dame) per curiosi incidenti. Nella Francia ufficiale, quella del potere, si allestisce in mondovisione una parodia di quell’Ultima cena in cui Cristo ha istituito l’eucaristia. Il caso ha voluto che la sceneggiata parigina avvenisse proprio nell’anniversario dell’ultima cena, cioè l’ultima messa di padre Hamel. Una coincidenza che fa riflettere. Perché inaugurare le Olimpiadi con un attacco alle cose più sacre dei cristiani? È la libertà di satira? No. Si chiama satira quella che prende a bersaglio il potere. Se invece è il potere – anche nelle sue espressioni ideologiche e culturali – che fa satira (in mondovisione, quindi con enorme potenza) sulla fede di una minoranza inoffensiva e pacifica, come sono i cristiani in Francia, è satira di stato e sa di regime.

 

 

 

Il governo non poteva ignorare il programma di quello che è stato l’evento fondamentale del macronismo al tramonto, infatti non ha mai preso le distanze da quella sceneggiata, anzi ne ha fatto una bandiera ideologica. Macron in persona l’ha trionfalmente esaltata: «Grazie a Thomas Jolly e al suo genio creativo per questa grandiosa cerimonia. Grazie agli artisti per questo momento unico e magico».

È stata la celebrazione del potere. Patrick Boucheron, artefice dell’evento, ha detto: «Abbiamo restituito l’orgoglio a questo Paese per il suo progetto politico». Un “progetto politico” così “inclusivo” che mette alla berlina il cristianesimo? Accadeva (e accade) nei sistemi totalitari. Ovviamente in Francia non c’è un regime totalitario, ma c’è una democrazia malata: lo è - come sappiamo - per molti motivi politici e sociali, ma lo è anche sul piano civile e culturale perché in un vero sistema liberale una manifestazione pubblica ufficiale (con una risonanza mondiale) non prende di mira una minoranza religiosa. La (costosissima) cerimonia di inaugurazione delle Olimpiadi ha mostrato un atteggiamento del potere molto ideologico, molto woke e ostile nei confronti dei cristiani.

Il fatto che lo scandalo internazionale che ne è derivato poi abbia suscitato qualche preoccupazione nel palazzo macroniano, fino a indurre gli organizzatori a scusarsi con i cristiani e a metterci toppe surreali (con evocazioni letterarie e mitologiche) non cambia nulla. Anche perché le dichiarazioni ufficiali non mostrano nessun riconoscimento del disastro (che peraltro ha screditato un grande Paese di antica cultura com’è la Francia).

Rachida Dati, ministro della cultura, ieri su Repubblica ha tranquillamente riconosciuto che il banchetto con le drag queen era una parodia dell’Ultima cena di Gesù, non prendendo neanche in considerazione le spiegazioni letterarie o mitologiche che sono state date per mettere una toppa all’incidente, dopo le proteste mondiali. Tuttavia se l’è cavata dicendo che capisce «la reazione della Conferenza episcopale francese e il disagio di alcuni credenti», ma «la République è il rispetto delle credenze delle persone e l’arte spesso tocca limiti della sensibilità delle persone. Difendo la libertà artistica».

 

 

 

In questa risposta c’è una buona dose di ipocrisia e arroganza, inoltre Rachida Dati si contraddice platealmente. Perché la République all’inaugurazione di venerdì non ha affatto rispettato «la credenza delle persone»: è accaduto il contrario. E quella che lei chiama arte - a cui sarebbe riconosciuto il diritto di urtare la sensibilità altrui - è lontana dall’arte quanto una scarpa da un’astronave. Inoltre la “libertà artistica” si esprime nei teatri, nei luoghi deputati e comunque è indipendente da tutti. Invece in quella manifestazione pubblica ufficiale si esprimeva il potere, la scelta del committente, la sua ideologia, cioè il governo francese. Ebbene, il potere non ha “la libertà artistica” di deridere i suoi cittadini di religione cristiana (peraltro urtando anche agnostici, atei e credenti di altre religioni).

L’intellettuale più brillante e libero d’oltralpe, Alain Finkielkraut, non cattolico, ma ebreo, ha definito lo spettacolo del 26 luglio «osceno e conformista», «dalle drag queen alla decapitazione di Maria Antonietta ha svelato tutti gli stereotipi dell’epoca... la bellezza non esiste più». In questa inaugurazione «il genio francese ha brillato per la sua assenza». Il filosofo ha poi parlato di «un grandioso fiasco» e di «decadenza» e si è chiesto: «Cosa resta della Francia e dell’Europa?».