Palazzo Chigi insorge

Nato, sfregio all'Italia: la scelta del socialista spagnolo apre un caso clamoroso

Pietro De Leo

L’Italia protesta alla Nato perla scelta del segretario Generale Jens Stoltenberg, come anticipato l’altroieri da Libero, di nominare quando mancano poco più di due mesi per la scadenza del suo mandato un inviato per il fianco Sud, ruolo di cui l’Italia ha chiesto e incoraggiato l’istituzione. Sull’introduzione di questo ruolo (fondamentale per affrontare numerosi scenari di crisi, dall’Africa al Medio Oriente), il via libera era arrivato nel corso dell’ultimo vertice di Washington, per i 75 anni dalla fondazione dell’Alleanza Atlantica. L’Italia puntava (e punta ancora oggi) su quella casella, e aveva anche proposto eccellenti curricula di diplomatici. Stoltenberg, però, ha deciso una sorta di blitz, e la scelta è caduta sullo spagnolo Javier Colomina. È di ieri, quindi, la notizia che il rappresentante italiano presso l’alleanza atlantica ha inviato a Stoltenberg una lettera in cui si esprime contrarietà per questa iniziativa. «Le autorità italiane», mette nero su bianco l’ambasciatore Marco Peronaci, «hanno appreso della tempistica della decisione con grande sorpresa e disappunto. Per essere efficace, la politica della Nato verso il Sud necessità di un rinnovato approccio, non di una ridenominazione». Nella missiva, inoltre, si lamenta «l’assenza di un’adeguata consultazione con gli alleati».

 

BASSO LIVELLO
Javier Colomina, vice segretario generale uscente, è un diplomatico spagnolo, considerato vicino al partito socialista. Stoltenberg viene dalla tradizione laburista norvegese. E chissà che non sia proprio la consonanza politica una delle ragioni che hanno portato a questa nomina (non ancora ufficializzata, ma comunque imminente). Una designazione che, a quanto riportato anche giorni fa da Libero, non è gradita agli italiani per motivi più oggettivi che politici. Colomina, infatti, già aveva avuto in capo il dossier sull’istituzione dell’inviato del fianco Sud, e stanti i pochi progressi del suo ufficio era stato istituito un gruppo di lavoro per esaminare le varie opzioni. C’è poi un’altra questione, che riguarda nello specifico il curriculum di Colomina.

Secondo alcune fonti del governo italiano, riportate ieri da l’agenzia Agi, si tratterebbe di «un funzionario di basso livello, non preparato a dialogare con le massime autorità dei governi di una regione che è diventata cruciale per tutti i Paesi dell’Europa mediterranea». L’esatto contrario delle figure che l’Italia aveva individuato per ricoprire quel ruolo. Lo stesso ministro degli Esteri Antonio Tajani aveva detto qualche giorno fa: «Abbiamo una serie di nomi che possiamo proporre. Sono persone di qualità che possono lavorare nel modo migliore». Secondo alcuni rumors, inoltre, la stessa Giorgia Meloni, incontrando Stoltenberg al vertice Cpe di Woodstock giovedì, avrebbe manifestato la sua contrarietà al blitz.

 

C’è anche un’altra ragione di inopportunità, dinnanzi a una scelta che pare dettata più che altro da logiche di consonanza politica e di fedeltà dopo la collaborazione tra Stoltenberg e Colomina: questo incarico durerà una manciata di settimane. Quando subentrerà l’ex Primo ministro olandese Mark Rutte, allora anche il ruolo di inviato del Fianco Sud avrà un avvicendamento (Stoltenberg infatti ha impostato la nomina come “propria”).

ACCORDI SIGLATI
A quel punto, quindi, la scelta potrebbe cadere su un nome italiano, considerando lo stimolo del nostro governo per l’istituzione del ruolo e la sintonia tra Giorgia Meloni e l’ex capo del governo olandese (era presente nel “team Europe”, insieme alla Presidente del consiglio e Ursula von der Leyen, quando fu siglato l’accordo con la Tunisia per il controllo dei flussi migratori) potrebbe portare a raggiungere il risultato, su cui un’intesa ovviamente preliminare e informale parrebbe già esserci.

Dall’opposizione, arriva la critica del responsabile Esteri di Italia Viva Ivan Scalfarotto: «L’isolamento di Meloni trova continue conferme», accusa. In realtà, però, oltre alla probabilità che tutto sia ribaltato tra due mesi, c’è anche un’altra bussola che aiuta a capire la dinamica. La nomina frettolosa di Javier Colomina si inquadra in una tornata ben più ampia di promozioni di figure interne alla Nato, effettuate (senza concorso) in questa coda di mandato di Stoltenberg. Un’accelerata che sa molto di bassa politica e ha suscitato più di una perplessità, considerando la centralità che la Nato assume in questo particolare momento storico. Ancora ieri, per esempio, il Presidente della Repubblica italiana Sergio Mattarella (anche lui sostenitore dell’istituzione dell’inviato per il fianco sud) ha affermato: «La Nato era in condizioni di pausa, era sostanzialmente accantonata. L’aggressione militare della Russia all’Ucraina l’ha rilanciata». Un contesto che richiederebbe ben altro approccio.