Rabbia livorosa

Donald Trump, Annalisa Cuzzocrea la spara: "Pugno chiuso? Roba da despoti"

Francesco Storace

Due istantanee: di là l’America che torna ad avere fiducia nel futuro della sua economia; di qua, la rabbia livorosa del giornalismo che detta lezioncine amare dall’Italia. E ancora: l’impresa che laggiù è pronta per investire massicciamente; quel pugno di Trump che fa più effetto di un saluto romano ai cronisti di quaggiù. Non se l’aspettavano proprio l’America al contrario, che vola in Borsa e riacciuffa il suo domani, i commentatori nostrani.

Seconda giornata da record a Wall Street: gli investitori scommettono che il fallito tentativo di omicidio dell’ex presidente Donald Trump favorirà il candidato repubblicano alle presidenziali di novembre. La convinzione generale è che il ritorno di Trump alla Casa Bianca favorirà la corsa dei mercati e in generale le aziende dal punto di vista fiscale.

 

TENDENZA AL RIALZO
Ieri, i trader hanno poi seguito il discorso del presidente della Federal Reserve, Jerome Powell, all'Economic Club di Washington: Powell ha detto che la Fed non deve aspettare che l'inflazione scenda al 2% per tagliare i tassi e che, quando avrà fiducia sul calo dell’inflazione, «sarà il momento di tagliarli». La reazione è stata di una crescita globale: Dow Jones, S&P 500, Nasdaq, rialzi continui. Petrolio giù, oro su.

Va detto che è da fine giugno che il mercato si leggeva in termini di tendenza verso il magnate repubblicano. Ad essere stato decisivo il duello televisivo con il presidente in carica, Joe Biden, che invece è apparso stanco e confuso. È da lì che è iniziato il nuovo trend di mercato, confermato in queste ore, dopo l’attentato di domenica.

Ma tutto questo rappresenta un’altra mazzata per l’informazione progressista italiana. Non bastava il flop dell’inquilino attuale della Casa Bianca nel confronto con il suo rivale e il suo rifiuto a mollare nella corsa alla presidenza; non era sufficiente l’attentato che poteva ammazzare Trump; ora ci sono pure i dati economici che pronosticano il ribaltone negli Usa. Ai columnist italiani non gliene va bene una.

In prima fila ci si mette Il Fatto Quotidiano, che pure non risparmia critiche a Biden. Ma il quotidiano di Travaglio non resiste e tratteggia il suo gnegnè con un pezzo assai rancoroso: «La destra dà lezioni: “Basta odio” Ma scorda anni di insulti e gogne». Come se a sparare fosse stata la mano di un estimatore di Trump.

Ma anche altri si superano. Ad esempio, Giovanna Botteri che, andata in pensione, si è tuffata sugli schermi di La7 per metterla in maniera insopportabile. Prima un cauto pronostico: «Per Donald Trump la strada è tutta in discesa, il problema sarà capire cosa succederà sul fronte democratico» e poi la botta davvero cattiva: «I sondaggi erano già favorevoli a Donald Trump, con quest'immagine iconica di lui insanguinato, col pugno alzato, che sfida la vita e la morte protetto da Dio e con la bandiera americana dietro, ora può permettersi anche toni più pacati». Insomma, la vittima deve ringraziare chi ha sparato. La Repubblica si esibisce con un titolo di prima pagina davvero avventato: «Trump, spallata sovranista» e subito ti viene in testa il solito teorema complottardo. Ma è La Stampa il quotidiano più scatenato nel livore contro quell’America che si appresta a tornare al potere a novembre.

Spicca l’esibizione di Maria Luisa Rodotà, intitolata alla retorica del pugno chiuso tra potere e vendetta di quel Trump che resta sempre «ex presidente mezzo golpista». Pare quasi la manifestazione di un dispiacere che non sia stato ammazzato. Quanto si preoccupano per quel “fight fight fight” pronunciato da Trump mentre il sangue scorreva sul suo viso, e che altro non era che un incitamento a non arrendersi di fronte al terrore. La Rodotà si rifugia tra virgolette dietro «il gesto di un idiota» pescato in chissà quale commento social antitrumpiano.

 

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CONTRO IL SUPERUOMO
Sullo stesso giornale è Vito Mancuso ad azzannare Trump che «confonde Dio con la Fortuna». Chiude la fantasy de La Stampa Annalisa Cuzzocrea, che nel pugno chiuso di una personalità scampata all’agguato, vede l’esaltazione del superuomo: «Ma il superomismo non dovrebbe essere quel che serve alla democrazia» perchè «è roba da despoti, Putin a petto nudo a cavallo, da tiranni d’altri tempi, e non c'è bisogno qui di scomodare l’ampia letteratura fascista al riguardo». Quasi quasi era meglio morto, pare di capire.