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Emmanuel Macron, "vaffa" alla Francia: il Paese nel caos e se ne va allo stadio

Albert Doinel

«E ora cosa facciamo?». Ha titolato così, ieri, Le Parisien, alla luce dei risultati del secondo turno delle elezioni legislative francesi, che aprono scenari di incertezza per il futuro prossimo della Francia. Secondo i dati definitivi, il Nuovo fronte popolare (Nfp), la coalizione delle sinistre guidata dalla gauche radicale di Jean-Luc Mélenchon, avrà 176 deputati, Ensemble, l’alleanza dei partiti che sostiene il presidente della Repubblica Emmanuel Macron, 150, e il Rassemblement national di Marine Le Pen e Jordan Bardella (che ieri ha ammesso di aver fatto errori nella scelta dei candidati) assieme ai gollisti affiliati a Éric Ciotti 143. Nessuna maggioranza assoluta è emersa dalle urne.

CINQUE POSSIBILITÀ

Dunque? Secondo quanto spiegato ieri dalla rete all-news BfmTv, cinque scenari si delineano all’orizzonte. Il primo: un governo del Nuovo fronte popolare, con un primo ministro rassembleur, non un incendiario à la Mélenchon, che sia in grado di convincere un bel gruppo di deputati della coalizione di Ensemble a non votare a favore di una mozione di censura presentata dalla destra gollista o dalla destra sovranista. Sarebbe un governo di minoranza, come quello di Élisabeth Borne e Gabriel Attal, anche se i numeri sono più risicati. Secondo scenario: un esecutivo Ensemble-Républicains.

L’alleanza con i gollisti potrebbe permettere al presidente Macron di restare a galla (tra Ensemble, Républicains e i vari deputati di destra e dell’Udi la somma dei seggi è di oltre 230) e di far passare alcune misure. «Tendiamo la mano ai repubblicani», ha dichiarato ieri Benjamin Haddad, deputato di Ensemble ed ex segretario nazionale dell’Ump, prima di aggiungere: «Lo dico da due anni: vorrei che lavorassimo con loro».

 

 

 

In caso di accordo, tuttavia, il futuro governo macronisti-gollisti potrebbe cadere con una mozione di sfiducia se approvata mano nella mano dal Nfp e da Rn. Terzo scenario: una grosse koalition alla tedesca. Una coalizione tra Partito socialista, Ensemble e Républicains, ad esempio, andrebbe oltre la maggioranza assoluta (289 deputati). Ma in Francia una tale alleanza non è mai stata raggiunta sotto la Quinta Repubblica e i principali partiti di Nfp, compresi i socialisti, sembrano escludere questa ipotesi. Quarto scenario: un governo tecnico, di larghe intese, composto da esperti sotto la guida di una figura consensuale. Anche questo scenario, però, non si è mai verificato durante la Cinquième. Tra i nomi per guidarlo circolano quelli dell’attuale presidente della Banca Centrala Europea, Christine Lagarde, e di Michel Barnier, capo negoziatore dell’Ue per la Brexit. Il quinto e ultimo scenario: la crisi istituzionale, lo stallo, l’impasse. Se nessuno dei precedenti scenari dovesse verificarsi, la Francia entrerebbe in una situazione di crisi profonda, con Macron che non potrebbe sciogliere l’Assemblea prima del luglio 2025.

 

 

 

LE PRIME MOSSE

Il presidente, a prescindere dall’esito delle legislative, aveva comunque assicurato di non avere alcuna intenzione di dimettersi e di voler restare in sella fino al 2027. Ieri, il primo ministro, Gabriel Attal, si è presentato da lui, all’Eliseo, con le dimissioni in mano. Ma il capo dello Stato le ha rifiutate, chiedendogli di non lasciare il suo incarico al fine di «garantire la stabilità del Paese». Questa sera Macron potrebbe essere a Monaco per la semifinale tra Francia e Spagna di Euro 2024. Poi volerà a Washington mercoledì mattina, per partecipare al vertice della Nato di celebrazione del 75esimo anniversario dell’Alleanza. Per dimenticare, almeno per qualche giorno, i problemi interni.