Democrazia francese

Christine Lagarde, l'ammucchiata di Macron è una occasione per lei

Mauro Zanon

Se domenica prossima, in occasione del secondo turno delle legislative francesi, non uscirà una maggioranza chiara, potrebbe prendere quota l’ipotesi di un governo tecnico all’italiana, una sorta di governo Draghi in salsa bleu blanc rouge, e tra i favoriti per dirigerlo, secondo diverse voci, figura in cima alla lista Christine Lagarde, attuale presidente della Banca centrale europea. Il primo ministro, Gabriel Attal, l’ha definita “assemblée plurielle”: è la coalizione che la macronia sta cercando di preparare dietro le quinte per contrastare la destra sovranista.

Una sorta di governo di unità nazionale, di larghe intese, dove tutti i partiti tranne Rn sono rappresentati, sotto la guida di un supertecnico. A Christine Lagarde, Macron aveva già proposto di diventare premier all’inizio dell’anno. «Sarei onorata di servire di nuovo il mio Paese, ma ho una missione da compiere. Mi proponessero anche di essere la Regina di Prussia direi di no», rispose all’epoca Lagarde. Poi però aggiunse: «In questo momento». Il nome dell’ex ministra dell’Economia di Nicolas Sarkozy circola insieme ad altri profili: Pierre Moscovici, ex commissario europeo e attuale presidente della Corte dei Conti francese, ma anche Michel Barnier, ex capo negoziatore europeo per l’uscita del Regno Unito dalla Ue.

 

 

 

Ieri sera, intanto, intervistato al telegiornale di France 2, Bardella ha ribadito quanto affermato dopo l’esito del primo voto: «Voglio essere il primo ministro di tutti i francesi». «Sto lottando per salvare la Francia. C’è un’opportunità senza precedenti per voltare pagina questa domenica. Voglio che il buon senso e la giustizia ritornino alla guida del Paese», ha aggiunto il leader sovranista. Un sondaggio condotto dall’istituto Ipsos in collaborazione con il Cevipof (Centre d’études de la vie politique française) di Sciences Po e Le Monde ha indicato che un insegnante su cinque voleva votare per il Rassemblement national al primo turno delle elezioni legislative. Numero che si avvicina a quello delle elezioni presidenziali del 2022, ma che è sei volte superiore a quello del 2012, quando solo il 3% degli insegnanti aveva dichiarato di voler votare per la destra sovranista.

 

 

 

Un tempo elettorato di riferimento della gauche, sempre più insegnanti francesi si stanno orientando verso il partito di Marine Le Pen e Jordan Bardella, in cerca di quel rispetto dell’autorità e della laicità che tra i banchi di scuola trovano sempre meno e che la sinistra non pone in cima alle proprie priorità. Durante la campagna per le legislative, Rn ha posto l’accento sul tema della scuola, avanzando una serie di proposte: la fine del collegio unico, il rafforzamento dell’obbligo di neutralità per gli insegnanti, l’introduzione di sanzioni minime nei consigli disciplinari e l’introduzione delle uniformi dalle elementari alle medie. «È un’idea della Repubblica che sempre più insegnanti condividono», ha detto Louis, insegnante, al Figaro.

 

 

 

Bardella, durante la presentazione del programma di Rn alla vigilia delle legislative, ha promesso un “big bang di autorità” nelle scuole francesi: «I cellulari saranno vietati negli istituti scolastici tra cui i licei e ci sarà l’obbligo di dare del voi agli insegnanti». Inoltre, Bardella, punta a riesumare una legge del neoalleato Éric Ciotti, presidente dei Républicains. «Riprenderò la legge Ciotti del 2010, abrogata da François Hollande, che prevede la sospensione degli assegni familiari e delle borse di studio in caso di gravi e ripetuti disordini nelle scuole».

 

IL CENTRO VACILLA

Continuano intanto i malumori all’interno della maggioranza macronista per l’alleanza con il Nuovo fronte popolare, la coalizione delle sinistre guidata dalla gauche radicale di Jean-Luc Mélenchon. Alcune voci dissidenti fanno notare che, per tre settimane consecutive, Macron e Attal, hanno messo sullo stesso piano il Rassemblement national e la France insoumise, e ora si presentano davanti agli elettori chiedendo di votare per il candidato mélenchonista in funzione anti Rn. «Sono tre settimane che diciamo alla gente che Bardella è pericoloso tanto quanto Mélenchon e ora abbiamo cambiato idea», ha detto a France Info un consigliere ministeriale.

Ieri, in consiglio dei ministri, Macron ha detto che «desistenza non significa coalizione». «Non governeremo con la France insoumise», ha specificato. Insomma, con i mélenchonisti fino al 7 luglio, poi tanti saluti. Le desistenze anti Rassemblement national sono 210. Ma non è detto che gli elettori centristi seguiranno le consegne di Macron e Attal, soprattutto quando l’alternativa sarà tra un candidato Rn e un candidato Insoumis.