Nessuna intesa coi moderati

Germania, l'eccezione tedesca: lì la destra è solo nera

Giovanni Longoni

AfD, il partito più a destra nel parlamento tedesco, sente puzza di bruciato e, nonostante un risultato elettorale alle europee niente male – in Germania è finito secondo dopo la Cdu e primo nei land orientali – sta tentando di non restare escluso dai giochi di potere a Bruxelles. La formazione di Alice Weidel e Tino Chrupalla ricorda un po’ quei tizi che, dopo una rimpatriata coi vecchi compagni di scuola, scoprono di colpo che i loro amici hanno fatto più carriera di loro, che pure erano i primi della classe.

Alternative für Deutschland è nata soltanto 11 anni fa mentre, per fare qualche esempio, il partito che oggi si chiama Rassemblement National venne fondato da Jean-Marie Le Pen già nel 1972 e Fratelli d’Italia, che è coetanea di AfD, per molti aspetti prosegue l’esperienza di Alleanza Nazionale. Nonostante tutte le difficoltà (la Germania è un Paese dove le formazioni di destra hanno i servizi segreti in casa 24 ore su 24) in poco tempo AfD si è affermato come forza politica di primo piano. Ma è evidente che il successo che ha ottenuto Giorgia Meloni o quello che sembra alla portata di Marine Le Pen, i tedeschi se lo sognano.

 

 

Ieri qualcuno ha provato a metterci una pezza. I leader nazionali, Weidel e Chrupalla, si sono incontrati con i neoeletti europarlamentari per decidere chi sarà il capogruppo a Bruxelles-Strasburgo e hanno stabilito che Maximilian Krah non farà parte della pattuglia. Krah è quel tizio caduto nel trabocchetto tesogli da Repubblica: in una intervista sul quotidiano di Maurizio Molinari Maximillian aveva dichiarato come se niente fosse che tra le SS c’erano anche brave persone. Il gruppo Identità e Democrazia, quello di Marine Le Pen e Matteo Salvini, aveva provveduto in breve tempo a espellere tutta la delegazione di AfD. Il partito a sua volta aveva messo in quarantena l’esponente nostalgico del Terzo Reich che però, in quanto capolista, è risultato comunque eletto. Da qui la mossa di cacciarlo dalla delegazione: andrà all’europarlamento ma non nel gruppo AfD.

Tutto nella speranza che Identità e Democrazia torni sui suoi passi e riammetta la destra teutonica. Vedremo come finirà: i 14 seggi dell’AfD fanno gola anche se le sparate di Maximillian non sono un caso isolato. C’è per esempio Björn Höcke, governatore della Turingia, che ha un passato di contatti con l’Npd, il partito neonazista extraparlamentare, e un presente di uscite antisemite. Oppure ci sono gi esponenti di AfD invitati al “summit” del 25 novembre 2023 di Potsdam fra alcune organizzazioni di estrema destra tedesche e austriache per discutere un programma di “remmigrazione” cioè di deportazione di richiedenti asilo, immigrati e “tedeschi non integrati”.

 

 

Insomma, resta da capire quanta utilità viene dallo stringere accordi a livello europeo con AfD, un partito nato per veicolare lo scontento dell’alta borghesia per la svolta socialisteggiante impressa dalla Merkel alla Cdu e finito oggi come sigla egemone fra i land proletari dell’Est. Più Afd è cresciuta numericamente più si è ghettizzata nella parte del Paese non solo più povera ma anche quella in cui i conti col passato nazista non sono mai stati fatti. La DDR è passata da Hitler a Stalin e infine alla democrazia come se niente fosse.

La Germania oggi è la macroscopica eccezione europea nel processo di “svolta al centro” delle sigle di destra e perfino di estrema destra. Dalla Svezia all’Olanda, dalla Finlandia all’Italia, il fatto politico centrale di questi ultimi anni è l’alleanza fra centro e destra. In Francia Marine Le Pen lo ha compreso e si è accodata. In Ungheria abbiamo assistito addirittura, tempo fa, alla trasformazione di Jobbik da partito eversivo a pilastro della coalizione anti-Orban. In Germania no: o voti per la vecchia e inaffidabile Cdu oppure dai il voto a chi non sa prendere le distanze dal nazismo. In mezzo non c’è nulla. A ben vedere, è una eredità di Hitler, che odiava la borghesia e i moderati anche più di quanto odiasse la sinistra.