Voto postale

Donald Trump, brogli in agguato: caos elettorale negli Usa

Federico Punzi

I sondaggi continuano a sorridere all'ex presidente Donald Trump e gli occhi degli osservatori sono puntati sul possibile impatto dei processi a cui è sottoposto, in particolare quello in corso a New York da cui potrebbe arrivare una condanna prima del voto. In settimana le arringhe conclusive delle parti.

Ma c'è una variabile che invece è completamente scomparsa dai radar nonostante sia stata decisiva nel primo round del 2020 tra Biden e Trump. Stiamo parlando del voto postale. Che si ritenga o meno abbiano un qualche fondamento le accuse trumpiane di brogli, non c'è dubbio che il voto postale di massa sotto Covid abbia giocato un ruolo decisivo quattro anni fa.

 

 

 

COME ANDÒ NEL 2020

Molto si è parlato, anche in Italia, delle denunce di Trump, più che altro per ridicolizzarle – e in effetti alcune erano piuttosto bizzarre e certamente tardive. Ma il nostro giornalista collettivo si è guardato bene dallo spiegare al pubblico italiano le modalità di espressione e raccolta dei voti che hanno portato Joe Biden alla Casa Bianca.

Modalità che qui in Italia apparirebbero lunari, totalmente inaffidabili. Non solo, infatti, gli elettori potevano imbucare i loro voti nelle "ballot drop boxes", cassette lasciate incustodite per strada, ma non erano tenuti nemmeno a imbucarle di persona. Parliamo del cosiddetto ballot harvesting, letteralmente "mietitura dei voti". Questo sistema permette ad un rappresentante di partito, ad un qualsiasi attivista politico, ma anche al boss del quartiere, di passare casa per casa a raccogliere le schede e imbucarle successivamente lui stesso nelle cassette. Molti i video del 2020 che mostrano persone imbucare decine o centinaia di schede. Non può sfuggire l'estrema esposizione di un tale sistema ad abusi e irregolarità di ogni tipo, basti solo pensare al "voto di scambio".

 

 

 

DUBBI

Altre criticità hanno riguardato la mancata o insufficiente verifica delle schede tramite identificazione numerica o incrocio delle firme dell'elettore, schede prive della data di spedizione o del timbro postale, e conteggiate per giorni dopo la chiusura delle urne.

La Conferenza nazionale delle assemblee statali avverte che "se un elettore compila una scheda elettorale a casa, e non in presenza di funzionari elettorali, potrebbero esserci maggiori possibilità di coercizione da parte di familiari o altri". La permeabilità alla frode elettorale del voto per posta era d'altronde stata evidenziata in tempi non sospetti, nel 2005, dalla Commissione Carter-Baker, una commissione bipartisan sulla riforma delle elezioni federali. Il voto per posta è la "principale fonte di potenziali frodi elettorali", perché vulnerabile a diverse tipologie di abusi, concludeva nel suo rapporto, osservando che consentire a terzi di raccogliere e restituire le schede viola il principio della segretezza del voto, che votare in casa o comunque al di fuori dei seggi rende gli elettori "più suscettibili alle pressioni, palesi e subdole, o alle intimidazioni", e raccomandando quindi di "vietare a organizzazioni, candidati e attivisti dei partiti politici la gestione delle schede".

Solo che allora il voto postale era ancora un'eccezione. Nel 2020, invece, con il pretesto della pandemia, è diventato di massa. E con modalità spesso in palese violazione delle leggi statali, ma chi ha osato contestarle si è visto accusare di voler restringere il diritto di voto delle minoranze. Si è passati dal 21% dei voti espressi per corrispondenza nel 2016 a quasi la metà nel 2020, il 43% a livello nazionale, 68 milioni di voti. Il 58% degli elettori di Biden ha utilizzato il voto postale, mentre solo il 32% degli elettori di Trump.

 

 

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IL DILEMMA DEL GOP

I Repubblicani sono però indecisi sul da farsi per evitare che l’incubo del 2020 si ripeta e le loro strategie variano da stato a stato: puntare a cambiare le leggi e impugnare i regolamenti elettorali, oppure imparare dai Democratici e superarli sul loro terreno, quello del voto postale e del ballot harvesting? Non manca chi sostiene che la mancata "onda rossa" alle elezioni di midterm del 2022 sia dovuta principalmente al rifiuto dei Repubblicani di adattarsi alla "giungla del nuovo processo elettorale". Ma in questo secondo caso, gli elettori non potranno essere biasimati se sospettano che la vittoria andrà al partito più bravo a gonfiare i suoi consensi con voti potenzialmente fraudolenti.

Negli ultimi quattro anni, i Repubblicani avrebbero dovuto tentare di arginare l'ondata di schede elettorali per posta "senza giustificazione", almeno negli stati in bilico, o costruire una rete di partito che potesse adattarsi e competere con le stesse armi dei Democratici. Qualcosa è stato fatto, ma per lo più il Gop si affida alle preghiere e ad un esercito di 100 mila tra scrutatori e avvocati.