Parole pesanti

Armi all'Ucraina, Stoltenberg non decide al posto dell'Italia

Jens Stoltenberg è un segretario generale della Nato a fine mandato, è un alto ufficiale diplomatico nominato dai governi, non è il «Commander in Chief», non spetta a lui inviare truppe sul fronte, fare piani di battaglia, il suo è un delicato ruolo politico in cui la prudenza è necessaria, l’equilibrio indispensabile, la condivisione un principio inderogabile. Come ha detto il ministro della Difesa, Guido Crosetto, «non esiste un segretario Nato o una nazione che decide la linea per tutte le altre».

Stoltenberg si è ritrovato con una guerra nel cuore dell’Europa, il suo compito non è facile e non può esser svolto con faciloneria, soprattutto verbale, perché non si combatte solo con i fucili, ma prima di tutto con le parole.

Intervistato dall’Economist, Stoltenberg ha detto che «è giunto il momento che gli alleati valutino se revocare alcune delle restrizioni imposte sull’uso delle armi che hanno dato all’Ucraina. Soprattutto ora che molti dei combattimenti sono in corso a Kharkiv, vicino al confine, negare all’Ucraina la possibilità di usare queste armi contro obiettivi militari legittimi in territorio russo rende molto difficile la sua difesa». Si tratta di un’estensione territoriale del conflitto? Non proprio, perché gli ucraini da tempo colpiscono sul territorio russo, il tema qui è l’uso delle armi della Nato (missili e artiglieria a lunga gittata) che, naturalmente, se fosse autorizzato aprirebbe ufficialmente un altro capitolo della guerra (...)

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