Il caso del libro "Transmania"

Francia, vietato dubitare dei dogmi Lgbtq: bavaglio anche per le femministe dure e pure

Mauro Zanon

La sinistra francese si conferma il partito della censura e delle scomuniche, anche ai danni di chi è nato è cresciuto nella sua famiglia, ma oggi prende le distanze dai nuovi dogmi wokisti. Dora Moutot, responsabile di una pagina Instagram sul piacere femminile, “T’as joui?” (“Hai avuto un orgasmo?”) seguita da mezzo milione di persone, e Marguerite Stern, ex Femen diventata famosa per i suoi collage contro i femminicidi, hanno appena pubblicato un libro, Transmania, per denunciare le derive dell’ideologia trans, un virus che si sta infiltrando in tutte le sfere delle società e vuole imporre l’idea che essere donna o uomo è soltanto una sensazione e non una realtà corporale. Il libro, dove le due femministe denunciano anche il business malsano delle transizioni di genere, è appena stato pubblicato dalle edizioni Magnus. 

E per pubblicizzarlo sono state stampate una serie di manifesti grande formato. Tuttavia, la promozione di Transmania sui pannelli pubblicitari JCDecaux per le strade di Parigi e Lione, iniziata pochi giorni fa, è già stata stoppata: a causa delle pressioni delle associazioni trans e delle giunte social-ecologiste delle due città. «La transfobia è un reato. Non c’è spazio per l’odio dell’altro nella nostra città. Parigi non è la vetrina di questo odio crasso. Solleciterò JCDecaux per chiedere il ritiro di questa pubblicità», ha tuonato su X Emmanuel Grégoire, vice della sindaca parigina Anne Hidalgo. Grégoire ha reagito a un post pubblicato da Kam Hugh, drag-queen che ha partecipato alla prima stagione della trasmissione “Drag Race France”, nel quale quest’ultima ha denunciato «la pubblicità apertamente transfoba» del libro di Moutot e Stern, aggiungendo che tale promozione è una «vergogna per la nostra città e il Paese all’alba delle Olimpiadi». JCDecaux, in un batter d’occhio, si è sottomesso alle richieste del Comune parigino, rimuovendo uno per uno i manifesti di Transmania e presentando le sue “scuse” alle persone “ferite” dalle affiche. Dora Moutot ha reagito agli attacchi denunciando «un atto di censura basato su supposizioni piuttosto che sull’analisi dei contenuti», nonché «un oscurantismo che cerca di mettere a tacere ogni pensiero critico». 

E ancora: «Il nostro libro non è transfobo, e in nessun momento diffonde l’odio dell’altro e delle persone trans». Transmania, ha sottolineato Moutot, «è un’inchiesta approfondita», in particolare su «alcuni attori che incitano alle transizioni di genere e traggono profitto da esse». Per Marguerite Stern, Grégoire «non sa quello che fa», ma ha agito sotto la pressione di «quindici associazioni trans», esperte in «molestie» e «minacce». Sulle orme della giunta Hidalgo, anche il sindaco di Lione, Grégory Doucet, ha ottenuto da JCDecaux la rimozione dei manifesti dall’arredo pubblicitario urbano. L’assessore alla sicurezza di Lione, Mohamed Chihi, ha fatto sapere inoltre di aver inviato una lettera alle associazioni Lgbtq locali per ribadire l’impegno della giunta a promuovere «l’inclusione, la diversità e il rispetto dei diritti». Ma non il rispetto della libertà d’espressione, a quanto pare. Nel gennaio del 2023, Moutot e Stern hanno lanciato una piattaforma online, Femelliste (Femminilista), accompagnata da un manifesto, per riunire le voci di chi si oppone all’attivismo transgender e alle nuove mode fluid. «Femelliste si batte per la valorizzazione della femminilità (il fatto di essere una femmina), per far riconoscere la realtà della sessuazione, gli interessi delle donne dinanzi all’ideologia trans», si legge nel manifesto. E ancora: «Essere una donna non è una sensazione ma una realtà corporale. Il femminismo si è impantanato nella teoria queer, secondo cui essere una donna è un genere prima di essere una realtà biologica». 

Le due militanti si sono ispirate in particolare alla psicologa Nicole Roelens, all’attivista inglese Posie Parker e al filosofo francese Raphaël Enthoven, che in diverse occasioni hanno impiegato il termine “femminilista”. Ma da quando hanno lanciato il sito, emancipandosi dal settarismo transgenderista, sono diventate infrequentabili, non più degne di essere considerate femministe. La censura di cui sono ora vittime a Parigi e a Lione è soltanto l’ultimo episodio di un clima di terrore Lgbtq che non tollera dissidenze.