Anche a Corte
Westminster, basta "ladies and gentlemen": l'ultima follia del politicamente corretto
Rivolgersi a un uditorio con il vocativo “signore e signori” non è più ammesso all’Università di Westminster, in Inghilterra. Il personale docente è già stato avvisato tramite circolare interna, con la quale si avverte che pronunciare in aula le parole “ladies and gentlemen” può offendere gli studenti non-binari. Cioè non eterosessuali. Le formule di cortesia ormai si possono definire contro-rivoluzionarie. Non perché siano un retaggio del passato sessista, ma in quanto la loro scomparsa ha come effetto il tribalismo, secondo Plinio Corrêa de Oliveira. Oppure porta al dominio dell’emotivismo, che secondo Alasdair MacIntyre è la sostituzione del giudizio morale basato sulla ragione con la preferenza verso quanto mi fa “stare bene”.
Portando il concetto alle sue estreme conseguenze, si può anche postulare che, se un serial killer trova soddisfazione nell’assassinio dei suoi simili, non dovrà rispondere a una norma oggettiva, ma seguire il proprio istinto. In ipotesi, lo stesso vale per la pedofilia, ma anche per il razzismo. Chi si arrogherebbe più il potere di impedire le molestie nei confronti dei bambini o lo sterminio delle minoranze etniche o religiose? Implicitamente, una deriva giuridica ed educativa condurrebbe a non riconoscere altra autorità che se stessi e il proprio desiderio.
SOCIALISMO CULTURALE - Lo conferma, parlando con il quotidiano britannico The Telegraph, Eric Kaufmann, docente di politica all’ateneo di Buckingham: «Questa direttiva mostra come l’ideologia del socialismo culturale, che esige parità di risultati per tutti e la protezione dai danni emotivi al di sopra della verità e della libertà, sta corrompendo la missione dell’università fondata sulla verità».
Chi un tempo lottava contro il dogmatismo è ora transitato all’imposizione dottrinale. Che consiste in un manualetto di 37 pagine, il Rapporto non binario nell’istruzione superiore, uscito il 29 febbraio, in cui si prevede che il personale renda noto il pronome con cui vuole essere indicato. Significa che non si può impedire a uno dotato di barba e di pene la scelta di definirsi una donna. Decide lui/lei, mica la natura. Anche Georg Wilhelm Friedrich Hegel la pensava così o almeno aveva gettato le basi dell’era del gender quando, ammonendo uno studente, spiegò: «Se la realtà non coincide con la teoria, tanto peggio per la realtà».
Del resto il Centro per la Giustizia Sociale dell’Università di Westminster, dove lavorano gli autori del testo, ha lo scopo di «comprendere le ineguaglianze sociali contemporanee e sfidare le istituzioni e le relazioni che le sostengono».
La dissociazione sociale e personale, così, si trasferisce immediatamente al registro di classe: i professori dovranno consultare l’elenco degli studenti senza dare per scontato che Mary sia una femmina e Mark un maschio. Meglio informarsi presso l’interessato, il quale potrebbe mutar d’aspetto e d’identità (di genere) anche ogni quarto d’ora senza che i due processi di trasformazione abbiano dinamiche parallele.
CONTRATTO PER TRANS - Se Oltremanica vige obbligatoriamente e burocraticamente la dittatura Lgbtq+, da noi le cose stanno andando più o meno nella stessa direzione. All’art. 17 della nuova bozza di contratto per la pubblica istruzione firmata all’Aran si prevede il riconoscimento della identità alias, su proposta dell’Associazione Nazionale Presidi, «conformemente a quanto stabilito in altri CCNL firmati recentemente». Il testo, invia di approvazione, stabilisce che «al fine di tutelare il benessere psicofisico dei lavoratori che hanno formalmente intrapreso il percorso di transizione di genere», si «riconosce uno pseudonimo provvisorio al dirigente che ne faccia richiesta». Pertanto, al nominativo presente nel fascicolo personale, se ne aggiungerebbe un altro per «il cartellino di riconoscimento, le credenziali per la posta elettronica, la targhetta sulla porta d’ufficio».
I dirigenti scolastici intendono sensibilizzare il ministro Giuseppe Valditara sull’urgenza di introdurre la possibilità di accondiscendere alle mutevoli fantasie di persone in seria crisi d’identità.
Quale sia l’intensità del dramma di un o una giovane che vive il disallineamento fra la propria condizione di nascita e il proprio orientamento affettivo-sessuale, lo ha spiegato recentemente Susanna Tamaro, chiedendosi «che cosa ne sarebbe stato di me se, a sette, otto, nove anni, fossi stata presa sotto l’ala protettiva dei falchi del gender», ma dichiarandosi «fermamente convinta che la storia giudicherà i cambiamenti di sesso imposti ai bambini e ai ragazzi come un crimine. Un crimine ideologico». Senza timore.