L'intervista

Vladimir Putin, Ian Garner: "Fermare lo Zar o invaderà anche il resto dell'Europa"

Francesco Carella

«Mosca va fermata, altrimenti per il Vecchio Continente sarà una catastrofe. Europa e Stati Uniti non hanno scelta: devono impedire alla Russia di vincere la guerra in Ucraina». Sono parole nette quelle di Ian Garner, cattedra alla Queen’s University in Canada, storico della cultura russa e studioso della propaganda di regime utilizzata da Putin per la formazione del consenso. Sull’argomento ha pubblicato un volume, I figli di Putin, di grande interesse. Dice il professore: «Il mezzo migliore per fermare Putin è quello di impegnare le forze della Nato direttamente in Ucraina. I leader occidentali devono avere il coraggio di agire».

È ciò che sostiene il presidente francese Emmanuel Macron. In tal modo, si rischia un conflitto dalle conseguenze difficilmente prevedibili.
«Vladimir Putin si muove secondo rigide convinzioni ideologiche, ma non è un pazzo. Egli sa benissimo che qualora la Russia dovesse giungere a uno scontro diretto con la Nato verrebbe pesantemente sconfitta con ricadute disastrose sul Paese. Putin non è un avventuriero e non ha alcuna intenzione di perdere il potere».

 

 

 

Intanto, sia sull’invio di armi che sull’intervento diretto vi è non poca divisione sia negli Usa che in Europa.
«Fino a quando il mondo occidentale dimostrerà incertezza, Putin cercherà di portare avanti il suo piano. Egli è determinato più che mai a far sì che la strada verso la grandezza, sia della Russia che sua personale, passi attraverso la guerra. Ora il fronte è quello ucraino, ma non è un mistero che il nuovo zar intende allargare l’area del conflitto verso tutto ciò che a Mosca viene chiamato “l’Occidente collettivo”, ovvero l’ America, la NATO e i Paesi europei. Non escludo che fra non molto i carri armati possano puntare verso altri Paesi un tempo appartenenti all’area dell’ex Unione Sovietica».

Nei prossimi giorni la Russia andrà al voto. Quale peso avrà quel dissenso che abbiamo visto esprimersi durante i funerali di Aleksey Navalny?
«Purtroppo, il dissenso in Russia è morto con Aleksey Navalny. Navalny è stata l’unica figura che negli ultimi decenni è riuscita ad unire l’opposizione, dai verdi ai liberali al mondo dei conservatori. Non c’è un altro Navalny nella Russia di oggi. Le Ian Garner elezioni - ma chiamarle così è un azzardo - saranno l’occasione per una definitiva incoronazione di Putin. Dopodiché, come peraltro è già accaduto in passato, assisteremo a una maggiore repressione interna accompagnata da una più decisa aggressività esterna».

Lei sostiene nel suo ultimo saggio che Putin può contare su un vasto consenso presso la popolazione. Quali sono le ragioni?
«Putin fa leva su quello che i russi chiamano “mondo perduto”, una miscela di miti e folklore che risale all’era zarista e al periodo sovietico. Le persone hanno nostalgia di quelli che considerano tempi migliori in cui la nazione era “pulita, sana e forte”. Putin è salito al potere promettendo il ritorno alla grandezza del passato. Infatti, fin da subito ha promosso guerre di espansione prima contro la Cecenia, poi in Georgia e da due anni contro l’Ucraina».

Quanto è stato influenzato il numero uno del Cremlino dal pensiero anti-occidentalista del filosofo Alexander Dugin?
«Dugin sostiene che la Russia abbia il diritto di creare un vasto Impero che si estenda dalla costa del Pacifico all’Europa centrale in nome della battaglia contro l’Anticristo. Egli non è mai stato un consigliere ufficiale del Cremlino, ma Putin sembra avere assorbito pienamente la sua lezione e il suo nazionalismo estremo e violento».

Sono idee che circolano largamente nel Paese e che concorrono alla formazione dei giovanissimi, quella che lei chiama la generazione Z.
«Lo Stato, seguendo i canoni classici dei regimi fascisti, ha introdotto una serie di programmi nelle scuole mettendo al centro l’esaltazione dell’esercito e della guerra in nome della grande Russia. Il tutto sostenuto da libri di testo pieni di falsità storiche. Fuori dell’aula, i ragazzi sono invitati a unirsi in gruppi giovanili come l’Esercito della Gioventù, dove ricevono l’addestramento militare. Ma la vera innovazione è quella di far sembrare divertente l’adesione a simili programmi attraverso il web».

 

 

 

Si spieghi meglio.
«Gli influencer pagati dal Cremlino creano video virali e interagiscono con i loro giovani follower. I ragazzi (molti sono bambini) possono giocare alla guerra, connettersi con i loro eroi e connettersi tra di loro, trovando popolarità e sviluppando spirito di appartenenza. In tal senso, un bimbo di nome Alyosha è diventato un vero piccolo eroe nazionale e simbolo della nuova Russia militare. Ciò avviene sette giorni su sette e senza sosta. In tal modo, la capacità dello Stato di diffondere falsi messaggi e forgiare le nuove generazioni diventa illimitata».

Che fare, quindi?
«La speranza è che i leader occidentali abbiano piena contezza dei progetti di Putin. Questi conta per il raggiungimento dei suoi obiettivi sulle divisioni e sull’incertezza dell’Europa e degli Stati Uniti. Nell’immediato si rivolge a coloro che dissentono con un messaggio chiaro: non protestate altrimenti potreste ritrovarvi senza casa, senza lavoro o, peggio, senza vita. In prospettiva, punta alla creazione di un consenso presso le giovani generazioni attraverso la divulgazione di una falsa storia della Russia. Il tutto per creare le condizioni favorevoli al fine di combattere, come direbbe Alexander Dugin , contro l’Occidente “decadente e corrotto».