Generale Camporini: "Tra Israele e Usa siamo arrivati al punto di rottura"
Vincenzo Camporini è stato il Capo dell’Esercito italiano (Capo di Stato Maggiore della Difesa) dal 2008 al 2011, e precedentemente, per due anni, era stato il Capo di Stato Maggiore dell’Areonautica. Ha 77 anni e ha indossato la divisa nel 1965, a 19 anni. Diciamo pure, una vita intera dedicata all’Esercito. Sempre però con un occhio alla politica, alla quale si è dedicato una volta andato in pensione. Come osservatore e analista, soprattutto di politica internazionale, ma anche come intellettuale impegnato in prima persona. Nel 2018 si è candidato alle elezioni e lo ha fatto col partito che meno ci si poteva aspettare: i radicali di +Europa. Ben conoscendo la lunga tradizione antimilitarista di Pannella e del partito radicale.
Camporini è una persona molto saggia, altrimenti non avrebbe portuto ottenere gli incarichi che ha ottenuto. Ma non è un conformista, sa restare libero nei suoi giudizi, sa sorprendere. E comunque conosce perfettamente le questioni militari, le crisi, la guerra. Per questo lo abbiamo voluto ascoltare dopo le polemiche suscitate dalla dichiarazione del presidente francese Emanuel Macron che ha proposto l’invio di soldati europei in Ucraina e le affermazioni di Putin sulla minaccia all’Occidente.
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Generale, secondo lei perché Macron si è esposto in questo modo, proponendo l’invio di truppe europee in Ucraina? È stata una prova di forza politica?
«Credo che sia stata una iniziativa dettata da una logica esclusivamente di politica interna. Una proposta militare di questo genere, se non viene preparata sul piano diplomatico preventivamente, non ha nessun valore sul piano della politica internazionale. Io ho messo agli atti questa esternazione di Macron come un fatto che riguarda i rapporti politici e la battaglia politica aperta in Francia. In particolare, credo che per capire la sua uscita bisogna capire i rapporti tra Macron e la destra francese e soprattutto con la Le Pen. Niente più di questo».
Però ha fatto parecchio rumore in tutto il mondo.
«Sì, certo. Ma il fatto che a quanto risulta lui non aveva parlato di questa idea con i principali alleati, e non aveva concordato nulla, vuol dire che sapeva benissimo che era un’idea che in politica estera non aveva valore».
E quindi il suo obiettivo quale era?
«Macron ha necessità di mostrare una forza decisionista all’interno del mondo politico francese, nel quale si sta preparando la battaglia per le prossime elezioni europee. E Macron in questo momento è in una condizione politica non particolarmente felice. Anche per le difficoltà che sta avendo con gli agricoltori».
Sta cercando consensi?
«Esatto».
E secondo lei la sua dichiarazione può produrre consensi?
«Beh, al francese medio sentire dire che il Presidente si impegna per salvare i destini del mondo piace. Si risvegliano gli istinti napoleonici del popolo».
Secondo lei oggi cosa serve all’Ucraina? Armi, munizioni?
«Servono munizioni, soprattutto. Munizioni e sistemi d’arma».
Ovvero?
«Armamenti sofisticati che in realtà abbiamo già fornito a Kiev in discreta quantità. Bisognerà dargliene ancora un po’. Ma soprattutto bisogna dargli le munizioni, molte munizioni: sono quelle che mancano e senza le munizioni i sistemi d’arma servono a ben poco».
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Cosa pensa dell’accordo decennale con Kiev firmato da Giorgia Meloni?
«È un accordo politico che dimostra che l’Italia è allineata perfettamente con gli altri Paesi europei nel sostegno all’Ucraina, a prescindere da quelle che sono le chiacchiere che corrono nel mondo politico e che potrebbero far pensare che l’impegno italiano si sia un po’ affievolito e non sia all’altezza di quello degli altri paesi occidentali. Invece l’impegno politico a me sembra saldissimo. Dopodiché bisogna capire dal punto di vista pratico cosa possiamo fare, e cosa possiamo mettere a disposizione di Kiev. Perché ora anche noi stiamo finendo le risorse di cui disponevamo».
Qual è oggi lo stato della guerra?
«Facendo perno sulla loro superiorità numerica e sulla loro superiorità di fuoco, i russi stanno recuperando terreno».
Stanno riconquistando molto terreno?
«No, dal punto di vista della superficie riconquistata parliamo di dimensioni abbastanza modeste. Però i russi hanno ripreso l’iniziativa che avevano interrotto un anno fa. Quindi è questo che caratterizza il momento militare».
Ma questa iniziativa russa può essere frenata?
«Sì, se ci sarà un adeguato supporto logistico da parte dell’Occidente. E qui c’è il problema dell’America. L’America è in difficoltà per ragioni di politica interna. Nella Camera dei rappresentanti ci sono moltissime resistenze alle pressioni di Biden».
Esistono per l’Ucraina le possibilità di non perderla questa guerra?
«Secondo me sì. Però dobbiamo alimentare le forze ucraine. Altrimenti finisce tutto».
Esistono le condizioni per poter negoziare una pace?
«Al momento no. Finché c’è un paese aggressore che continua l’aggressione, negoziare la pace è impossibile. Nel momento in cui l’aggressore smettesse di bombardare e interrompesse le operazioni offensive, a quel punto si porrebbe in una condizione più semplice, e spiragli di pace si potrebbero aprire. Ma finché questo non accade le possibilità sono a zero. E al momento non mi pare che Putin abbia intenzione di frenare».
Lei pensa che esista il rischio che la Russia ricorra al nucleare?
«No. Per una ragione molto semplice: usare l’arma nucleare all’interno di un territorio che vuoi conquistare è come darsi la zappa sui piedi. È un suicidio, una cosa priva di senso».
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Proprio mentre io e lei parliamo Generale, le agenzie stanno battendo questa notizia: “Putin minaccia l’Occidente”. Queste le sue dichiarazioni: “Le nostre armi vi possono raggiungere. Hanno tentato in passato di combattere la Russia, ma oggi le conseguenze saranno pessime”.
«Solo nella mente di Putin può esistere una minaccia che il mondo occidentale voglia portare alla Russia. Purtroppo abbiamo evidenze contrarie, come lo schieramento missilistico a Kaliningrad. È una misura minima di saggezza quella di un atteggiamento deterrente, che non è, né deve essere inteso come minaccioso».
Parliamo della crisi di Gaza. Lei pensa che tra Biden e Netanyahu sia giunto il punto di rottura?
«Secondo me sì. Da quello che si legge e dalle dichiarazioni che vengono fatte da parte occidentale, e che vengono regolarmente respinte al mittente da Netanyahu, si capisce che i rapporti sono effettivamente molto molto tesi».
Ma Israele ha la possibilità, dal punto di vista militare, di azzerare Hamas?
«Io sono abbastanza scettico, perché Hamas è un movimento prima di tutto politico: usa lo strumento militare ma è un movimento politico. Come si può azzerare? Dovrebbero uccidere tutti quelli che simpatizzano per Hamas. Ma questa è una cosa che sta fuori da qualsiasi logica e da qualsiasi possibilità concreta».
Sarà possibile secondo lei salvare gli ostaggi? (lunga pausa)
«Beh, preferirei non scommetterci».
Che ruolo sta svolgendo l’Europa nella crisi mediorientale?
«Anche qui preferirei non rispondere».
Ha ragione Papa Francesco quando dice che è in corso la guerra mondiale a pezzi?
«La guerra mondiale a pezzi è una espressione forte. Quel che è certo è che c’è nel mondo una volontà di non dialogo, e questa è una cosa molto preoccupante. Questa realtà non riguarda solo il Medio Oriente né solo l’Europa dell’Est. Io per esempio sto seguendo la crisi di Birmania, sottovalutata da tutti. Decine di migliaia di morti. I problemi nel mondo ci sono, sono grandissimi, e stanno venendo al pettine tutti insieme».
Come mai alcune guerre sono al centro dell'attenzione e altre finiscono nel dimenticatoio?
«Esistono fattori geografici e fattori ideologici. Di varia origine. Vedo che di quel che succede in Birmania, all’Italia interessa zero. Anche all’Europa interessa pochissimo. Eppure la posta in gioco è altissima. Riguarda l’accesso della Cina all’Oceano Indiano».
Generale, lei pensa che esista il rischio di una guerra mondiale in piena regola?
«Sono abbastanza scettico. Io penso che ci siano gli strumenti per poter evitare un’esplosione. Poi la storia ci ha preparato a tutte le sorprese. È stata una grande sorpresa anche l’attacco russo all’Ucraina. Nessuno se lo aspe»ttava. Mai dire mai».