L'ultimo fronte

Huthi, attacco ai cavi sottomarini: il piano per spegnere internet

Mirko Molteni

La società globale basata su Internet trema, scoprendosi vulnerabile. Ieri la testata israeliana Globes ha rivelato che i ribelli yemeniti Huthi, armati dall'Iran, avrebbero danneggiato 4 dei complessivi 17 cavi sottomarini di telecomunicazioni affollati sul fondo dello stretto di Bab El Mandeb, sbocco del Mar Rosso nell’Oceano Indiano.

Passaggio obbligato per il traffico dati tra Europa, Africa e Asia, come già lo è per il transito di navi civili e militari. Alla campagna d’interdizione del traffico navale che gli Huthi conducono dal novembre 2023, in relazione alla guerra Israele-Hamas, con lanci di missili e droni, s’aggiunge ora la minaccia di colpire al cuore una delle basi dell'economia moderna, le comunicazioni telematiche. Secondo Globes «i danni stanno causando gravi interruzioni delle comunicazioni globali Internet tra Europa e Asia, in particolare nei Paesi del Golfo e in India».

 

 

 

DANNI ALLA RETE

In serata gli Huthi hanno negato l'accusa: «Non siamo coinvolti in sabotaggi di cavi». A dispetto però di molti indizi. I 4 cavi danneggiati sono AAE-1, Seacom, EIG e TGN-EA. L'AAE-1 (Asia Africa Europe-1) è lungo ben 25.000 km e corre dalla Cina fino alla Francia, collegando tutti i Paesi intermedi e passando appunto per il Mar Rosso, il canale di Suez e anche l’Italia. Il Seacom misura 17.000 km e costeggia tutta l'Africa collegandola alla Francia e all’India. L'EIG (Europe India Gateway), corre per 15.000 km collega l'India, l'Arabia e l’Egitto all'Europa, fino a Portogallo e Gran Bretagna. Il TGN-EA (EurAsia) s'estende per 9000 km dall'India alla Francia, via Suez.

I danni sembrano limitati, poiché la rete Internet può deviare il traffico dati su percorsi alternativi. Ma dai cavi adagiati nel Mar Rosso passa il 17% del traffico Internet mondiale. Ecco perché il ministro della Difesa italiano Guido Crosetto, riferendosi al fatto che proprio l’Italia guiderà la missione navale Aspides, ha dichiarato, durante l'insediamento del nuovo capo di Stato Maggiore Difesa, generale Carmine Masiello: «Non si tratta più solo della sicurezza dei trasporti navali, ma della sicurezza tout court, visto che gli Houthi aumentano il livello di attacchi. L’Italia da anni ha rilevanza attraverso le missioni internazionali. Ora se ne sono aggiunte due, una nella striscia di Gaza soprattutto umanitaria e l'altra per la sicurezza nel Mar Rosso che diventerà vitale, come dimostrano le notizie di oggi».

Gli Huthi hanno fin dal 24 dicembre 2023 minacciato di colpire i cavi sottomarini, pubblicando su Telegram una mappa dei cavi accompagnata dalla sibillina battuta: «Sembra che lo Yemen si trovi in una posizione strategica, dal momento che linee internet che connettono interi continenti, non solo Paesi, passino qui vicino». Che abbiano i mezzi per colpire sott'acqua è fuor di dubbio, poiché una nave della Guardia Costiera degli Stati Uniti in pattuglia nel Mare Arabico, la Clarence Sutphin Jr, ha il 28 gennaio 2024 abbordato un cargo che tentava di contrabbandare un carico d'armi iraniane destinato agli Huthi, fra cui, secondo il comando USA Centcom, anche «componenti per droni sottomarini». Già il 3 dicembre 2023 l’Iran ha rivelato l'esistenza di un suo drone subacqueo, il Nazir-5, sviluppato dall'Università Imam Hossein di Teheran per i pasdaran e, pare, fornito agli Huthi.

Lungo 10 metri, potrebbe essere armato con mine o siluri, avrebbe un’autonomia di 24 ore e scenderebbe fino a 200 metri. Nel Mar Rosso i cavi, in alcuni punti, sono a 100 metri di profondità e se lo stretto di Bab El Mandeb ha una profondità massima sui 300 metri, quella media è di 186 metri. Significa che gli Huthi, o i loro consiglieri tecnici iraniani, potrebbero usare i droni Nazir-5 dalle coste dello Yemen per una vasta area circostante. Peraltro, il 18 febbraio gli americani, in uno dei loro attacchi aerei preventivi contro missili e droni pronti all'uso in Yemen, hanno colpito anche «un drone subacqueo».

 

 

 

LA BASE SEGRETA

La tattica Huthi non è una novità. Si pensi che all'inizio della Prima Guerra Mondiale, il 4 agosto 1914, la nave postale posacavi inglese Alert tranciò, con reti di uncini, i cavi telegrafici tedeschi che, dalla Manica alle isole Azzorre, collegavano la Germania alle sue colonie africane. I moderni cavi nel Mar Rosso sono “origliati” dall'intelligence anglo-americana, dato che il servizio intercettazioni inglese GCHQ ha una base a Seeb, in Oman, e l'americana NSA conta, forse in Egitto o altrove, sulla base segreta Dancing Oasis, dall'ubicazione ignota. Ieri la CNN ha pubblicato indiscrezioni da «ufficiali della Difesa USA» che ammettono: «Stiamo sorpresi dalle capacità militari degli Huthi, di cui ignoriamo l'ammontare degli arsenali». Non si sa infatti di quante armi dispongano i miliziani yemeniti, che potrebbero combattere anche per anni. Ieri mattina il Pentagono ha reso noto un ulteriore raid aereo in cui «sono stati distrutti tre droni aerei, un drone navale e tre missili antinave pronti a essere lanciati». Finora gli Huthi rivendicano 48 attacchi, col danneggiamento di 11 navi. Se il 24 febbraio hanno cercato di colpire la petroliera USA Torm Thor, con missili abbattuti dalla nave americana Mason, fa temere un disastro ambientale il cargo inglese Rubymar, alla deriva dal 18 febbraio, quando, centrata da un missile fu abbandonata dall'equipaggio. Sta perdendo petrolio dirigendosi verso le isole Hanish.