La principessa
Kate Middleton, non trapela nulla: un caso senza precedenti a Corte
Rapper malati, trapper acciaccati, spartiti e referti medici. Sarà il post covid. O forse il long covid... Chissà. Fatto sta che lo star system l’è un lazzaretto. Con tutti i tribuni del popolo, ovvero del ceto medio (acciaccato più che riflessivo), che del glam han fatto un consesso di cristi dolenti. Ma alt. Perché in questo nosocomio che son le pagine di costume, tra Fedez e Big Mama, ecco spuntare lei. La donna dal sorriso arcano e a tratti persino autistico (e perciò sfacciatamente elegante).
È Kate Middleton, la donna del ceto medio né acciaccato né riflessivo. La principessa borghese del Galles ricoverata alla London Clinic (l’ospedale che dal 1932 in avanti ospitò il principe Filippo, Liz Taylor, John Kennedy: un lazzaretto glam, questo sì). Diagnosi e prognosi: misconosciute. Catherine – il protocollo vuole il nome di battesimo – è rimasta degente per problemi all’addome. Dodici giorni d’apnea, robot chirurghi, medicina d’avanguardia. E poi gli amici e nemici di sempre: i tabloid. E quindi il Sun, il Daily Express, il Daily Mail. Tutti che s’azzuffano a dire chi, cosa, dove, come, quando. E tutti che, ahiloro, ne sanno più o meno quanto ne sappiamo noi: niente.
La Corte tace. Giacché la Corte sa che il potere è volatile. E che la monarchia, a dispetto dei secoli, può crollare da un momento all’altro, peggio d’un’influencer. Che ci vuole che i sudditi si sveglino dall’incanto e mettano a nudo il re (questo signore elegante ma tutto sommato abbastanza banale)? Ogni pretesto è buono, specie un piantino a favore di camera.
La monarchia, che per sua natura sta appesa a un filo – i Windsor più funamboli dei Ferragnez – sa dunque che proprio non le conviene l’opzione influencer: quella dell’esibizionismo chiagni&fotti (fotti i malati, s’intende. Sempre lazzaretto è!). E dunque: beneficenza sì, malattie sì (s’affrontano), ma le lacrime, quelle no. Quelle mai. Così la Corte rende pubbliche – in rigorosa terza persona – solo le notizie “significative”. Ovvero, ancora una volta: niente. La principessa del Galles è alla London Clinic, la principessa del Galles è all’Adelaide Cottage. Stop. Tradotto: la principessa del Galles tornerà a sorridere, ma nel mentre certo non piange.
Ed ecco. In questo lazzaretto che è lo star system internazionale, ma soprattutto italiano, con le catechiste queer, i Premi Strega e i cantanti tatuati che ci mettono il cuore a nudo (letteralmente, non come Baudelaire), ecco far capolino il sorriso del mistero, la donna del mistero, l’addome del mistero. I re e le regine – questo mistero – e Kate Middleton che sta male ma non che non lo dirà mai (ché se in principio fu la borghesia oggi il fascino discreto è della monarchia. E il fascino, si capisce, come Kate ha fatto il social upgrade). Comunque, nel nostro showbiz dove se non sei malato – o almeno dolente – non sei nessuno (e manco fatturi), finisce che re e regine son quelle cose per cui è ancora glam sentirsi europei senza per questo sentirsi malati.
Dopotutto siamo il continente delle fiabe. Anche se in questa fiaba non è il popolo che salva la principessa ma è la principessa che salva il popolo (col sorriso). Siamo il continente delle fiabe e delle monarchie. E dunque del protocollo e della finzione. Di quella finzione che impone silenzi e sorrisi, ma che fa durare. Di quell’ipocrisia che è mamma d’ogni virtù. Che ammortizza i musici influencer e ci strappa dal comandamento social del “sii te stesso”. Ovvero: sii un poverammé, gemente e piangente, sia pure in un grattacielo di CityLife. Vabbè. Ci volevano, come sempre, i re. E ci voleva stavolta Kate Middleton: il ceto medio non acciaccato ma asceso al trono. Mistero nel mistero.