Scia di sangue
Strage di Praga, ombre russe: il mistero sul killer
L’uso perfetto della lingua russa aveva da subito insospettito gli investigatori cechi che ritengono adesso un falso i contenuti sul canale Telegram a firma di David Kozák, il ventiquattrenne attentatore di Praga che ha portato il terrore nel cuore della città e nell’Universitas Carolina Pragensis. Al web era stata affidata una confessione-testamento che trasudava odio verso il mondo e l’intenzione di spargere la morte prima di suicidarsi a sua volta. Ma se lo studente non ne era l’autore, occorrerà spiegare chi e soprattutto perché ha creato quel profilo e con quali finalità. La pista russa, insomma, aggiunge un risvolto inquietante, con il richiamo apocrifo alla quattordicenne Alina Afanaskina che a Bryansk ha sparato ai suoi compagni uccidendone uno e ferendone cinque prima di suicidarsi senza lasciare alcuna motivazione, e al precedente del maggio 2021, quando il diciannovenne Ilnaz Gulyev compì una strage nella palestra di una scuola di Kazan (9 morti e 21 feriti), giustificandosi con l’odio provato verso gli altri.
Le stesse parole attribuite al giovane ceco, per spiegare quello che non si può razionalmente spiegare, e una singolare coincidenza con l’epilogo del raid all’Università di Praga. L’ipotesi in un primo tempo al vaglio era che Kozák si fosse ispirato a questi episodi per mettere in atto i suoi propositi, ma l’attendibilità del diario è stata fortemente messa in dubbio. In tal caso, qualcuno ha costruito tessera dopo tessera social una verità virtuale di cui resta da comprendere lo scopo.
Che Kozák si fosse preparato al raid terroristico risulta invece scientificamente dai rilievi balistici su un’arma che non aveva portato con sé dalla sua abitazione a Hostou, nei pressi di Kladno, dove aveva ucciso il padre: secondo gli esperti della Polizia è stato proprio lo studente a premere il grilletto nel bosco di Klánovice, al confine con la capitale, per freddare un giovane di 32 anni e la figlioletta di appena 2 mesi ritrovati morti venerdì scorso. Per gli inquirenti quello sarebbe stato uno spietato test che il ventiquattrenne avrebbe compiuto su se stesso per avere la riprova che una volta sul luogo prescelto perla strage non avrebbe avuto ulteriori scrupoli a sparare. E così è stato.
STUDIOSO E SOLITARIO
Chi era in contatto con lui o lo aveva conosciuto nelle aule della Facoltà di filosofia lo descrive come introverso, restio a rapporti sociali, liquidato dagli studenti con la formula anglosassone del nerd. Non si conoscono legami affettivi, non frequentava le discoteche né i locali di ritrovo.
Di brillante intelligenza, aveva discusso alla Facoltà di filosofia il 20 giugno 2022 una tesi di laurea in storia sulle problematiche dell’antagonismo nella rivolta contadina di Galizia e l’insurrezione di Cracovia nel 1846, ritenuta eccellente dalla commissione dei docenti e per la quale l’Istituto polacco di cultura di Praga l’aveva premiato col “Marian Szyjkowski”. La sua famiglia era considerata da tutti normale. Nessuna informazione è trapelata sulla madre e sulla sorella. Kozák solo pochi mesi fa aveva ottenuto il porto d’armi, che gli ha consentito di acquistarle e detenerle in casa. La Polizia cerca di capire da dove abbia trovato il danaro per comprarle.
La comunità di Hostouignorava del tutto l’esistenza del piccolo arsenale domestico. Nella casa di famiglia gli investigatori hanno rinvenuto anche un sistema esplosivo con benzina o bombole di gas, disinnescato dagli artificieri. Prima di realizzare il suo folle disegno criminale il giovane ha inviato un sms a un’amica preannunciando il suo suicidio, ed è stata proprio la ragazza ad avvisare la Polizia che l’ha cercato nella sede di via Celetná dove avrebbe dovuto essere a lezione, ma lui aveva già scelto come obiettivo l’edificio centrale. Poi il massacro all’interno e il tiro al bersaglio dall’esterno. Kozák era uno dei circa 300.000 cechi in possesso di porto d’armi e a casa sua ce n’erano diverse che rientrano nelle 900.000 detenute legalmente nella nazione mitteleuropea, su una popolazione di poco più di dieci milioni di persone.
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La Boemia vanta un’antichissima tradizione sulla progettazione e la costruzione di armi. Per stare a tempi recenti, le acciaierie Škoda rifornivano l’arsenale all’impero austro-ungarico e i cannoni della prima guerra mondiale finirono come preda bellica al Regio Esercito italiano che li utilizzò nella seconda. I mitragliatori Bren inglesi erano in realtà ZB cecoslovacchi costruiti su licenza dalla Enfield, sono made in Czechoslovakia le mitragliette Skorpion Vz. 61 e l’esplosivo al plastico Semtex che prende il nome dalla cittadina di Semtín e che finì a organizzazioni terroristiche e pure alla Mafia.
Al mercatino delle pulci che si tiene il sabato e la domenica a U Elektry, a Praga 9, non è affatto raro trovare tra i militaria più o meno autentici, anche armi disattivate, solitamente residuati della seconda guerra mondiale, spesso giunti dall’Ucraina attraverso il confine con la Slovacchia. La disattivazione è peraltro alquanto aleatoria: nel 2015 un Khalashnikov Ak47 della strage al Bataclan di Parigi risultava disattivato in Repubblica Ceca e poi riattivato dai terroristi islamici presumibilmente in Francia. Un tappeto di lumini rossi di fronte al Rettorato dell’Universitas Carolina ricorda il sangue sparso nel pomeriggio del solstizio d’inverno da un ragazzo che l’arcivescovo nell’omelia per le vittime nella cattedrale di San Vito ha chiesto di perdonare, offrendo un simbolico fiore anche per lui. Adesso è però il momento del dolore, poi arriverà quello della riflessione, forse solo dopo arriverà anche quello del perdono. Praga magica ha ceduto il passo a Praga tragica.