Altro che scherzo
Meloni, i russi Vovan & Lexus: "Chi non chiameremmo mai", cosa non torna
"Legame con i servizi russi? Escluso". I due comici russi Vovan & Lexus, intervistati da Repubblica, smentiscono le teorie del "complotto" dietro al clamoroso scherzo telefonico ordito ai danni della premier Giorgia Meloni. Eppure più di qualcosa, nella loro versione dei fatti, non convince del tutto. Ma a sinistra, nonostante il grave buco a Palazzo Chigi rappresenti un problema di sicurezza nazionale, fa comodo "giocare" sulla vulnerabilità della presidente del Consiglio (il Fatto quotidiano, per esempio, paragona il tutto a una farsa, a una Totò-truffa) buttandola in caciara. Una sciacallata politica di cui l'Italia farebbe volentieri a meno.
Vladimir Kuznetsov e Aleksej Stoljarov, questi i veri nomi dei due russi, si sono presentati alla Meloni come un alto rappresentante politico africano, che con la scusa di parlare della crisi migratoria (era il 18 settembre scorso) arrivano a chiederle conto del sostegno europeo all'Ucraina. E qui la premier, come peraltro tutti sanno a livello ufficiale e ufficioso, spiega che il rischio è quello di una certa "stanchezza". L'obiettivo della telefonata-trappola è evidente: destabilizzare l'Europa e l'opinione pubblica, far tremare Kiev, far emergere come l'Occidente stia per "mollare" l'Ucraina. La Meloni non cade nella botola, e anzi conferma il sostegno generale a Zelensky. Il tutto, però, appare completamente funzionale alla propaganda di Vladimir Putin e infatti in tanti sospettano che dietro a Vovan & Lexus ci siano direttamente i servizi segreti russi.
I due diretti interessati, nel colloquio con Repubblica, preferiscono non dire come siano riusciti a raggiungere la Meloni in persona. "Non vogliamo mettere nei guai le persone che sono state coinvolte. Palazzo Chigi sa com'è successo. O almeno spero. Se non lo sa, vuol dire che ha un problema di sicurezza. È stata lei a chiamarci all'orario concordato. Non è l'ufficio della premier ad avere colpe. 'Grandi' colpe. Siamo noi che sappiamo fare il nostro lavoro. Sappiamo come funzionano i protocolli, sappiamo come sfruttare i bachi nella sicurezza. Non vuol dire che, nel caso italiano, il protocollo fosse sbagliato".
Per arrivare a Meloni sottolineano come ci siano voluti "circa due giorni". Perché lei? "È interessante e molto espressiva. Non è un robot. È una donna vivace". Insomma, non ci sarebbe una motivazione politica quanto piuttosto "spettacolare". Vovan & Lexus giocano a farsi passare come Le Iene o due inviati di Striscia la notizia in salsa russa, se non addirittura come una versione più acuminata di Pio e Amedeo. La verità, però, è che al di là dell'accento piuttosto improvvisato (l'inglese parlato dal presunto leader africano a tratti sembra quasi macchiettistico) le domande rivolte alla premier sono molto precise, mirate, puntano insomma a strapparle dichiarazioni diplomaticamente molto forti. "Abbiamo tagliato giusto i noiosi convenevoli iniziali".
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"Non siamo in contatto con i servizi né russi né stranieri - dicono ancora -. E men che meno, siamo agenti segreti. Agenda politica? La nostra è un'agenda giornalistica. Chiamando Meloni, non volevamo incidere sulla politica italiana. Stiamo solo cercando di capire che cosa pensino davvero i politici europei della crisi ucraina. Non concordiamo nulla. Capiamo da noi quali conseguenze potrebbe avere una telefonata. Non chiameremmo mai un leader arabo. O Kim Jong-un. Molta gente è sparita in Corea del Nord. Non vorremmo mai essere responsabili della 'scomparsa' di qualcuno. Conosciamo le linee rosse e non le superiamo". Guarda caso, i leader arabi e Kim Jong-un sono grandi alleati di chi siede al Cremlino.