Altri conflitti
Russia, gli specialisti "anti-putinate": un clamoroso caso in Svezia
In Europa, anche la Svezia si è dotata di una struttura apposita per la guerra psicologica, finalizzata a fronteggiare la propaganda e la disinformazione della Russia di Putin. Come ha scritto il New York Times il 10 agosto 2023: «la Svezia da gennaio 2022 si affida alla propria Psychological Defense Agency, una struttura del Ministero della difesa a cui fanno riferimento 55 addetti. [...] Quest’agenzia è ora in prima linea in difesa di un Paese che fronteggia a livelli sostenuti un attacco di informazioni dall’esterno».
Il direttore dell’agenzia, Magnus Hjor, è uno storico di professione e ha precisato che la sua struttura opera in modo deontologicamente corretto al punto da setacciare solo contenuti creati fuori dai confini nazionali, e ciò per non intaccare - a suo dire - la libertà di espressione. I recenti episodi riguardanti il rogo di copie del Corano in Svezia hanno messo in luce le interferenze proprio della Russia, vuoi per il pagamento della penale per far uscire dalle carceri svedesi l’attivista Rasmus Paludan, vuoi perché un altro militante anti-islamico, Salwan Momika, non ha risposto ai giornalisti circa i suoi rapporti con Mosca.
Sull’altra sponda dell'Atlantico, la CNN ha riportato il 26 agosto le “Newly declassified US intel” secondo cui sono in atto «operazioni di influenza russe su territorio americano progettate per essere deliberatamente su piccola scala». Perché su piccola scala? Perché l’obiettivo più generale - ha affermato un ufficiale statunitense autorizzato a parlare con la CNN- è quello di fare in modo che queste idee siano veicolate ai cittadini da personalità americane, europee, insomma occidentali, per dare ai contenuti un’apparenza organica e coerente tale da renderli più credibili.
Queste operazioni di influenza “per cooptazione” si basano in primo luogo sulle relazioni personali e fanno parte della guerra ibrida di Mosca sin dai tempi dell’Unione Sovietica. Operazioni di cooptazione che avvengono anche in Italia, che coinvolgono anche le élites del nostro Paese, dai politici eletti ai militari passando per la Pubblica Amministrazione.
Negli ultimi decenni, la rapida avanzata delle tecnologie dell’informazione ha consentito alle dittature di attaccare le opposizioni interne e gli Stati democratici, usando i media globalizzati, la televisione, la radio, ma soprattutto Internet. Ciò ha ampliato il concetto stesso di guerra oltre che di spionaggio e di intelligence, fino ad includere la dimensione culturale, sociale, giuridica, psicologica, morale. Tutto è a rischio, tutto viene preso di mira.
TATTICHE DA KGB - Yuri Andropov, sesto leader dell’URSS - già direttore del KGB- aveva definito queste azioni destabilizzanti come «una forma segreta di lotta politica che fa uso di mezzi e metodi clandestini per acquisire informazioni segrete e attuare misure attive ed esercitare un’influenza sull’avversario indebolendone la politica, le posizioni scientifiche, tecniche e militari».
Non si deve dimenticare l'apporto geopolitico-eversivo della compagnia di mercenari Wagner fondata da Yevgeny Prigozhin, con le sue attività criminali in Africa, nel Caucaso e nei Balcani, i suoi attacchi cyberwar collegati a tutti i diversi servizi segreti russi, il reclutamento di soldati con prelievi forzati di cubani (con il consenso del regime comunista), ma anche africani e caucasici, da usare nella guerra contro l’Ucraina. Si tratta di vere e proprie operazioni criminali, condotte da uno Stato-mafia qual è la Federazione Russa di Putin, in continuità e coerenza con l’epoca sovietica.
Ora, alcune riflessioni e domande sono d’obbligo. Chi decide il confine tra diritto di espressione (costituzionalmente garantito), e attività di disinformazione intenzionale che si configurano come contrarie alla sicurezza nazionale? Per intenderci, come difendere i nostri cittadini da queste strategie di inganno della guerra psicologica, e dalle complicità con la Federazione Russa che sono riscontrabili in settori della società e del potere anche in Italia?
LIBERTÀ E SICUREZZA - L’art. 6 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea afferma che «ogni persona ha diritto alla libertà ed alla sicurezza». L’interpretazione di questa norma, però, in relazione alla cosiddetta “teoria del nemico”, racchiude due difficoltà: da un lato, riconoscere alla persona il diritto assoluto alla libertà e alla sicurezza, e dall’altro avvertire la limitazione della libertà per perseguire quel valore della sicurezza che è esso stesso un diritto. La ricetta sta nell’equilibrio tra questi due corni del dilemma, per garantire lunga vita alla civiltà occidentale senza chinarsi ai facili disconoscimenti della nostra identità, fatta di democrazia, libertà e dunque libero scambio di idee e di punti di vista.