La decisione
Giappone, l'acqua "radioattiva" di Fukushima nell'Oceano: Pechino insorge
Il Giappone spaventa il mondo. Il motivo? Tokyo ha autorizzato, a partire da domani, lo sversamento nell’oceano di "acqua radioattiva". Si tratta dell'acqua utilizzata per raffreddare il combustibile residuo della centrale atomica di Fukushima, travolta dal terremoto-tsunami dell’11 marzo 2011. All'epoca, i reattori della centrale rimasero senza energia provocando il surriscaldamento del nucleo. Ne seguirono il rilascio di radiazioni e la fusione del combustibile nucleare. Da allora, comunque, la centrale è in fase di smantellamento.
Ora, la decisione di smaltire quell'acqua nell'oceano preoccupa un po' tutti. Anche se l’Aiea, Agenzia internazionale per l’energia atomica, ha spiegato che è "la meno dannosa" delle opzioni. Le autorità giapponesi, inoltre, hanno assicurato che le procedure di "ripulitura" dell’acqua dovrebbero averne abbattuto la carica radioattiva. Per questo, assicurano, "non c’è alcun pericolo per l’ambiente". Non la pensa così Pechino. Il viceministro degli Esteri Sun Weidong ha convocato l’ambasciatore giapponese per manifestargli la decisa "protesta" del suo Paese per un atto giudicato "egoista e irresponsabile".
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Sun ha fatto sapere che se il Giappone "insiste nel seguire la propria strada, il governo cinese adotterà le misure necessarie per salvaguardare con fermezza l’ambiente marino, la sicurezza alimentare e la salute pubblica". Nel frattempo, come riporta il Corriere della Sera, diversi scienziati hanno spiegato che i rischi radiologici derivanti dal rilascio di acqua contaminata non sono stati del tutto valutati. Serve ancora cautela, insomma.
Le proteste sono già diventate internazionali: la Cina ha rispedito in Giappone un carico di pesce destinato ai suoi mercati; Hong Kong ha annunciato un boicottaggio selettivo di merci da dieci prefetture; mentre in Italia la Coldiretti ha assicurato che i controlli sono puntuali e severi, specificando però che il pesce acquistato in Giappone in un anno rappresenta meno dello 0,02% sul totale dei prodotti ittici importati.