Finzione e realtà

Gruppo Wagner inchioda Vladimir Putin: "Chi c'è dietro al golpe"

Daniele Dell'Orco

Per capire se quella dello scorso weekend in Russia sia stata una reale sommossa o una “maskirovka” in pieno stile Kgb bisognerà rincorrere almeno una mezza dozzina di eventi chiave e di sviluppi che arriveranno (o non arriveranno) nelle prossime settimane. Ciò che è noto al momento è che Evgeny Prigozhin, il leader della PMC Wagner, è arrivato in Bielorussia alla corte del presidente Alexander Lukashenko, che Vladimir Putin ha ufficialmente sciolto la compagnia (alcuni miliziani che nella prima ora avevano scelto di seguire Prigozhin firmeranno un contratto con l’esercito regolare, altri sono partiti verso Minsk), che il Ministro della Difesa Sergej Shoigu e il Capo di Stato Maggiore Valery Gerasimov sono ancora al loro posto. Infine, l’Fsb russo ha archiviato l'indagine per insurrezione armata contro Prigozhin. Ma non può essere la “clemenza” l’unica cosa guadagnata dallo “chef di Putin”, un profilo con le tre stellette guadagnate sul fronte di Bakhmut e che fino a pochi giorni fa era vicinissimo tanto al Cremlino quanto ai cuori dei russi. Cos'ha ottenuto, allora?

 

 

 

UN PICCOLO REPULISTI?

Il suo (non) golpe è stato qualcosa a metà tra la pianificazione maniacale e l'improvvisazione totale, specie dal punto di vista operativo (i palazzi bloccati a Rostov, le direzioni da percorrere verso Mosca, le basi con le atomiche ignorate lungo la strada etc.). Ufficialmente allo scopo di spiccare la testa di Shoigu e Gerasimov, ufficiosamente per testare la lealtà del cerchio magico di Putin. Già di per sé, il fuggi fuggi di jet privati pieni di oligarchi verso Istanbul nelle ore della marcia della Wagner qualcosa ha mostrato. Ma la grande prova di fedeltà allo zar l’ha offerta l'esercito. Una buona parte dell’esercito almeno. In queste ore in Russia c'è grande attenzione circa la sorte del generale Armageddon, Sergej Surovikin, profilo simbiotico a quello di Prigozhin. Surovikin e alcune ali dell'esercito il 24 giugno hanno dovuto superare il test di fedeltà e non si è ancora capito se l’abbiano superato appieno. Infine, il rompete le righe a pochi chilometri da Mosca deciso da Prigozhin ha nell’immediato prodotto un certo giubilo in Russia, tale da poter spingere il Cremlino a lanciarsi magari in una strada che fino ad ora non è stata percorsa: una seconda ondata di mobilitazione.

Nel frattempo, la Wagner è stata “parcheggiata” in Bielorussia insieme a un buon numero di mezzi pesanti (altri potrebbero essere affidati alla Guardia Nazionale), non certo a Panama. La Nato, difatti, è più allarmata che mai. Ieri il vice primo ministro polacco Kaczynski ha ammesso che la Polonia rafforzerà la presenza dell’esercito al confine con la Bielorussia a causa della presenza di combattenti della Wagner e il presidente Duda si è presentato a sorpresa a Kiev per colloqui con Zelensky. L’intelligence britannica, allo stesso tempo, ritiene che sul territorio della Repubblica di Bielorussia si possa formare un'unità di almeno 40mila persone pronte al combattimento coordinate e addestrare dai comandanti Wagner e soprattutto armate con parte dell’attrezzatura militare che sta fluendo da mesi dalla Russia.

 

 

 

MINSK PIÙ FORTE

Lo scopo della nuova formazione potrebbe essere minacciare nuovamente Kiev e impedire il dispiegamento di una brigata internazionale (a trazione polacca) in Ucraina occidentale. Di certo, tra tutti, l'unico ad aver guadagnato da questa faccenda in termini di punti è Lukashenko. In un colpo solo può contare su un esercito privato tra i migliori del mondo pronto ad addestrare i suoi uomini e aiutare a reprimere eventuali tentativi di golpe (a Minsk sono terrorizzati dal rischio di rivoluzioni colorate) che probabilmente verrà legalizzato, cosa che non è destinata ad accadere in Russia; si ritrova addosso i gradi del pacificatore e allo stesso tempo ha ricevuto una valigetta nucleare da Mosca; ha dalla sua parte la garanzia che non dovrà tirare fuori un euro per sostenere la PMC.

Un fatto non da poco visto che Putin ha ammesso di aver sborsato da maggio 2022 a maggio 2023 più di 86 miliardi di rubli (circa 900 milioni di euro) per mantenere il Gruppo Wagner. Prigozhin, da par suo, sognava di rivoltare come un calzino la catena di comando e controllo russa, ora pian piano avrà la possibilità di farlo in quella dell’«esercitino» bielorusso, guidato da un Ministro della Difesa, Viktor Khrenin, colui che ha «concesso» il territorio bielorusso per attaccare Kiev il 24 febbraio, molto meno spigoloso di Shoigu. Dove reperirà i fondi la Wagner da ora in avanti resta un mistero, come rimane da capire che fine farà il Wagner Center di San Pietroburgo (struttura “civile” che attualmente lavora come sempre, ma chi pagherà le bollette?) e su quali scenari operativi in Africa e Medio Oriente resterà operativa la PMC di Prigozhin.