Macabro

Ecuador, "è morta". Ma si risveglia nella bara: dopo 7 giorni...

Un caso macabro alla Edgar Allan Poe quello di Bella Montoya, risvegliatasi “miracolosamente” dalla morte presunta quando già si trovava nella bara in attesa del suo funerale, ma rincorsa ancora fino alla fine risolutiva dalla Grande Mietitrice che reclamava inesorabile la sua vita.

Ma anche un caso decisamente più prosaico, in cui si mescolano miseria, malasanità, burocrazia e assistenzialismo, nell’assurdo di una vicenda a metà strada tra un Kafka e un Pirandello in salsa americo-latina. Siamo a Babahoyo, cittadina ecuadoriana nella pianura creata dal fiume omonimo, ai piedi delle Ande. La signora Montoya, 76 anni, viene dichiarata morta all’ospedale della città, il Martin Icaza, dopo un malore improvviso. Un ictus, sentenziano.

La donna viene immediatamente chiusa in una cassa di zinco e trasferita alla camera mortuaria dove i parenti vengono invitati a occuparsi delle sue spoglie. «Non abbiamo potuto fare nulla» dicono medici e infermieri al figlio Gilber Bardera al quale, oltre a una pacca sulla spalla di incoraggiamento, viene consegnato un atto di morte già compilato e timbrato, pronto da consegnare al Comune, dove tra le altre cose devono revocare il bonus Joaquín Gallegos Lara, una sorta di reddito di cittadinanza ecuadoriano dovuto alle persone bisognose, unica fonte di sostentamento della famiglia.

 

 

Cinque ore ha trascorso in quella bara provvisoria Bella Montoya, cinque ore in cui si ignora se la donna fosse in qualche modo cosciente e fino a che punto. Ma era viva, certamente era viva, perché quando hanno aperto la cassa per ricomporla e cambiarle l’abito respirava e muoveva impercettibilmente la mano sinistra. Non un miracolo certamente, ma un comune caso di malasanità cui il governo di Quito, scosso più che altro dalla risonanza che il caso ha suscitato nel mondo, ha voluto che si indagasse per vedere se tutti i protocolli fossero stati rispettati. «Mi risulta che ci si sia anche una denuncia e la Procura deve agire in ogni caso» hanno aggiunto dalla capitale assicurando che per il momento nessuno in particolare risulta indagato.

La resuscitata Montoya nel frattempo è stata riportata in ambulanza al Martin Icaza dove è stata ricoverata in terapia intensiva, in coma. Il figlio Gilber, che non avendo dove dormire si è accontentato di una branda sistemata fuori dall’ospedale, ha avviato le pratiche al Comune per cercare di fermare la revoca del bonus. «Respira e muove lentamente gli occhi» ha detto alla stampa incuriosita, «spero si svegli». Anche per il bonus, ovviamente.

 

Un’illusione purtroppo, la Morte stavolta, richiamata anche lei dal clamore del primo, peraltro, incolpevole fallimento, ha fatto sul serio ed è tornata dopo una settimana a prendersi il presunto maltolto. Bella Montoya è spirata così dopo una vita di 76 anni, e una settimana di tempi supplementari che la malasanità del suo Paese le ha regalato. L’ospedale, forte di un’inchiesta giudiziaria in corso, ha optato per un’autopsia, recidendo con un taglio netto di bisturi quella vaga possibilità che si sbagliasse per una seconda volta. Il figlio invece è tornato mestamente al municipio di Babahoyo per annullare l’iter di revoca della revoca del bonus. E quella branda fuori dall’ospedale è stata buttata nell’indifferenziato.