Dietro la propaganda
Putin, "lacrime e fuggi fuggi": cos'è successo allo stadio
Dietro la propaganda in mondovisione di Vladimir Putin, i primi segni di cedimento del popolo russo dopo un anno di guerra in Ucraina. Il dubbio lo instilla Rosalba Castelletti, inviata di Repubblica allo stadio Luzhniki di Mosca. Mercoledì va in scena il grande concerto patriottico per celebrare la Giornata dei Difensori della patria. Orgoglio nazionalista, fede cieca nel grande leader lo Zar, amore per i soldati al fronte mandati spesso al massacro, come carne da cannone.
La regia guidata dal Cremlino inquadra le scene di isteria collettiva, i sorrisi smaglianti, gli applausi a scena aperta come propaganda comanda. Poi però, scrive Repubblica, "le lacrime arrivano all’improvviso. Fino a un secondo prima era tutto un rilanciare gli slogan 'patria e unità', poi occhi lucidi e commozione". Qualcuno cede al taccuino dei giornalisti stranieri, nonostante la consegna del silenzio ricevuta dagli organizzatori. "Mi preoccupa che non sia ancora finita - spiega una dipendente municipale, la 41enne Natalia Ivanova -. Voglio solo la pace". Temi e toni banditi dal palco sui cui è salito anche Putin, per 5 minuti. I più invasati preferiscono svicolare alla domanda su quanto potrà durare questa guerra: "Finitela con questi discorsi". Reazione ovvia ma che tradisce una certa insofferenza anche nello zoccolo duro dei putiniani. Gli 80mila presenti al Luzhniki sono "insegnanti, studenti, impiegati pubblici e privati", tutti cooptati dal regime. "Alcuni sono arrivati dietro un compenso e la promessa di un pasto caldo ma hanno avuto istruzioni di non confermarlo ai media", spiegano Repubblica e Corriere della Sera.
"L’atmosfera è ben diversa da quella di un anno fa", quando il 18 marzo si festeggiavano gli 8 anni di conquista della Crimea e lo slogan era "Per un
mondo senza nazismo", a pochi giorni dall'inizio dell'invasione ucraina. Mercoledì a Mosca si sono toccati i -15 gradi alle 2 di pomeriggio, e anche per questo molti spettatori che erano assiepati comunque fuori dallo stadio, senza il biglietto in mano, non hanno resistito nonostante berretti e coperte di lana e se ne sono andati in anticipo, ancora prima dell'intervento del presidente.