Qatargate? Non solo, la svolta dell'islam: meno jihad, più "soft power"
Gli psicologi sostengono che la consapevolezza di un pericolo dipende da quanto e come se ne parli. Se l'oggetto di una minaccia scompare dal dibattito pubblico e dalle conversazioni private esso viene depotenziato fino ad essere relegato nell'album dei ricordi. Si pensi a ciò che sta accadendo in relazione ai difficili rapporti fra Occidente cristiano e mondo islamico. Sembra che fra questi due universi politici, culturali e civili sia improvvisamente scoppiata la pace dopo anni di terrore. Eppure, basta poco per richiamare alla memoria le angoscianti immagini delle stragi jihadiste che hanno seminato panico e ucciso persone a migliaia negli ultimi anni. Chi si occupa di storia dei rapporti fra queste due comunità sa che il problema non è rappresentato dai fondamentalisti, ma riguarda l'islam in quanto tale.
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Si tratta, come osserva Samuel P.Huntington, di «una civiltà diversa le cui popolazioni sono convinte della superiorità della propria cultura e che hanno in odio la civiltà occidentale. Fino a quando l'islam resterà tale e l'Occidente resterà l'Occidente il conflitto fra questi due mondi è destinato a continuare senza sosta». Giusto il contrario di ciò che si ostinano ancora a credere politici e intellettuali della sinistra, negando verità ormai incontrovertibili. Per oltre mille anni dal primo sbarco moresco in Spagna al secondo assedio turco di Vienna nel 1683 l'Europa si è trovata sotto la costante minaccia dell'islam, rischiando molte volte la sua sopravvivenza quale entità culturale. Infatti, la natura degli scontri ha riguardato solo marginalmente questioni di tipo territoriale.
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Le ragioni risultano ogni volta riconducili a temi di civiltà a partire da una differenza di fondo : l'islam non ha mai riconosciuto la separazione fra sfera politica e religiosa, mentre il precetto cristiano-occidentale si è affermato fin da subito sotto il segno della netta distinzione fra Cesare e Dio ossia fra potere temporale e potere spirituale. Intanto, mentre la cronaca registra numeri crescenti di sbarchi di immigrati irregolari sulle coste italiane, ci si avvicina sempre di più allo scenario previsto dalla demografa francese Michèle Tribalat quando parla di «processo di sostituzione dell'Europa». In tal senso, una riflessione andrebbe avviata soprattutto alla luce di un palese cambio di strategia da parte del mondo musulmano.
La sensazione è che sia stata accantonata, per il momento, la tradizionale arma terroristica, per cercare di sviluppare una forma di egemonia attraverso una lenta ma progressiva penetrazione culturale. Con l'attuale debolezza europea - pronta a negare in nome del politicamente corretto le proprie radici spirituali e civili esaltando quelle dei Paesi in cui vengono negate le libertà e i diritti fondamentali (il Qatargate è la punta dell'iceberg) la scelta islamica potrebbe rivelarsi vincente. In tal caso, l'Eurabia, come ammoniva Oriana Fallaci, è a noi vicina più di quanto si possa immaginare.