L'intervista a Libero
Generale Camporini, "la Stalingrado di Putin". Dove e come si deciderà la guerra
Sul terreno il conflitto vive le ultime settimane di manovre terrestri prima della brutta stagione, mentre Kiev punta ora a rinforzare le sue difese antiaeree.
Ne parliamo col generale Vincenzo Camporini, già capo di Stato Maggiore dell'Aeronautica italiana dal 2006 al 2008, poi capo di Stato Maggiore della Difesa dal 2008 al 2011 e attualmente consigliere dell'IAI, Istituto Affari Internazionali.
Generale, gli ucraini contrattaccano in molti settori, come a Kherson, città addossata al fiume Dnepr, che qualcuno paragona a una nuova Stalingrado. Qual è la situazione?
«Il fronte di Kherson è d'importanza fondamentale come la Stalingrado del '42-'43. Da lì si può minacciare la Crimea. Inoltre proprio in quella zona c'è uno degli snodi principali della rete idrica che rifornisce d'acqua la penisola annessa dalla Russia nel 2014.Già nei giorni scorsi, l'attacco al ponte di Kerch ha colpito una delle maggiori vie di rifornimento dei russi in quell'area. Per ora il fronte è relativamente stabile e comunque gli eserciti sul campo hanno ormai poche settimane di tempo per ampie manovre, prima del fango autunnale».
Se, sfondando a Kherson, gli ucraini minacciassero davvero di riconquistare la Crimea, i russi potrebbero davvero lanciare un'atomica tattica?
«Sono ottimista. Credo che, per quanto la Crimea sia importante per Mosca, non ci sarebbe logica nell'impiego di un'arma nucleare tattica contro truppe ucraine, per giunta su un terreno che i russi considerano proprio e che resterebbe inabitabile per le radiazioni. In quel settore, sia sul lato ucraino, che su quello russo, non esistono grossi concentramenti di truppe e reparti che offrirebbero a un'atomica un bersaglio abbastanza "pagante". I russi sprecherebbero una testata nucleare per distruggere forze sparpagliate, che so, un gruppetto di 10 carri armati e 20 pattuglie di fanteria? Non credo. Se il presidente russo Vladimir Putin lo facesse, sarebbe un gesto politico e non militare. Ma avrebbe un enorme prezzo, anch' esso politico, per Mosca. In tutto il mondo ci sarebbe riprovazione e forse solo la Corea del Nord resterebbe a fianco del Cremlino. Cina e India, in particolare, disapproverebbero un attacco atomico, anche perchè queste due potenze nucleari hanno per iscritto nella loro dottrina il rifiuto del "primo uso" dell'atomica in ogni caso».
I russi preferiranno continuare il martellamento di infrastrutture con missili da crociera?
«Sì, tuttavia gli attacchi missilistici russi degli ultimi giorni sono stati numerosi, ma spesso molto imprecisi.
Alcuni ordigni hanno centrato effettivamente centrali elettriche e impianti di rete, ma altri hanno colpito parchi giochi e abitazioni.
Più che altro sono serviti a far sì che il presidente ucraino Volodymir Zelensky chiedesse agli alleati occidentali uno "scudo antiaereo" per il paese. Alcuni, sbagliando, lo hanno interpretato come una nuova richiesta di no-fly zone, ma è una cosa diversa. L'ipotesi no-fly zone contemplava aerei da caccia occidentali che avrebbero pattugliato i cieli ucraini abbattendo ogni velivolo russo. Lo "scudo antiaereo" chiesto da Zelensky è invece il rafforzamento delle difese antiaeree e antimissile ucraine con missili terra-aria. Un esempio lo abbiamo visto in questi giorni con l'arrivo dalla Germania delle prime batterie di IRIS-T, missili nati in origine come aria-aria, da lanciare dai caccia, ma poi adattati anche all'impiego da terra. Hanno portata di 40 km e sono a guida infrarossa, cioè una volta sparati si dirigono sugli aerei o missili nemici attirati dal calore dei loro motori».
Cosa accadrà con l'inverno?
«La brutta stagione vedrà senz' altro ridurre il combattimento terrestre a poche scaramucce, su fronti che già adesso sembrano abbastanza stabili, sebbene si noti una pressione russa nell'area di Kremnina. Continueranno invece le azioni aeree e missilistiche, in una guerra di logoramento dal cielo».
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La mancanza di svolte decisive favorirà i negoziati?
«Si diventa disponibili al negoziato quando vengono meno le speranze di vittoria. Chi spera di vincere non si siede a trattare e in questo momento né Putin né Zelensky hanno interesse a farlo. Non è escluso però che proprio l'inverno, tramite lo stallo militare, possa favorire una tregua. Ma anche se cessasse la guerra, la tensione rimarrebbe alta nella zona per anni. Le sanzioni alla Russia non verrebbero rimosse e se inizialmente esse danneggiano sia chi le impone, sia chi le subisce, sul lungo periodo continueranno a danneggiare Mosca, mentre l'Occidente riorganizzerà la sua economia».
Nelle ultime settimane i caccia Eurofighter Typhoon dell'Aeronautica italiana stanziati in Polonia sono decollati spesso per intercettare aerei russi sui confini dell'alleanza. Queste azioni si sono intensificate con la guerra o sono di routine?
«Le missioni di aerei militari russi che si spingono nelle zone di identificazione aerea della Nato per sondarne la prontezza delle difese non sono una novità, erano prassi consolidata durante la Guerra Fredda. E i nostri caccia intercettori hanno sempre risposto con decolli su allarme per tenerli d'occhio. Dalla ripresa della tensione con la Russia, anche prima della guerra, questi voli sono tornati frequenti come allora e lo scopo è sempre osservare le reazioni delle nostre difese. Se i piloti russi, per esempio, vedono che i piloti della Nato impiegano solo due minuti per intervenire, allora, come si dice, non ci sono "finestre" di azione, se invece impiegano 10 minuti, ci sono margini. L'aeronautica italiana, in particolare, è molto impegnata nella difesa aerea dell'alleanza, proteggendo Paesi privi di propri caccia pilotati, come Estonia, Lettonia, Lituania, Slovenia e Albania, oltre ad aiutare le più sviluppate aviazioni di Polonia e Romania».