Il colloquio

Ucraina, Marco di Liddo: "Che mondo verrà dopo la guerra"

Mirko Molteni

La guerra russo-ucraina si fa sempre più pericolosa per un'Europa schiacciata fra i giochi di Russia, America e Cina. Ne parliamo con Marco Di Liddo, ricercatore del Centro Studi Internazionali (Cesi) di Roma. È possibile che Putin sganci un'atomica tattica per arginare l'avanzata degli ucraini?
«Sì, il rischio c'è, ma non è in cima alle probabilità. La Russia non vorrebbe rompere il tabù sulle armi nucleari, che finora sono state armi politiche, da non usare. Se Putin usasse un'atomica causerebbe un effetto domino: le altre potenze nucleari si sentirebbero legittimate a usarle. Specie paesi come la Corea del Nord per cui l'arsenale atomico ha importanza apicale».

 

 

 

In caso di atomica russa in Ucraina, Usa e Nato evocano ritorsioni almeno convenzionali. Non sarebbe solo un gradino in più nell'inesorabile escalation?
«Gli Stati Uniti hanno tre opzioni. La prima sarebbe una massiccia rappresaglia convenzionale contro le forze di Mosca, nella speranza d'indurre la Russia a deporre le armi, ma i russi potrebbero invece reagire aprendo la strada all'escalation nucleare. La seconda opzione, la meno probabile, è una ritorsione nucleare, politicamente ingiustificabile poiché l'Ucraina non fa parte della Nato. La terza opzione contemplerebbe ritorsioni non convenzionali asimmetriche, ovvero una campagna di guerra informatica abbinata a sanzioni economiche ancor più pesanti, per tagliar fuori Mosca dal commercio mondiale colpendo anche terze parti legate ai russi».

Gli ucraini cercano di avanzare il più possibile prima del fango autunnale?
«Sì, le condizioni del terreno hanno un ruolo fondamentale in ogni guerra. La Russia s' affidò al "Generale Inverno" contro Napoleone nel 1812 e contro Hitler nel 1941. Come gli ucraini cercano di avanzare prima del fango, così i russi cercano di tenere il fronte finché il clima non li aiuterà rallentando l'avversario».

E se la Russia approfittasse dei prossimi mesi per completare la sua lenta mobilitazione di riservisti e gettare sulla bilancia il triplo degli uomini?
«Mosca potrà, durante una stasi dei combattimenti, completare la mobilitazione e addestrare i riservisti. Ci si domanda però chili addestrerà, poiché l'esercito russo ha perduto in Ucraina molti ufficiali esperti. Inoltre, tutti questi uomini dovranno essere vestiti ed equipaggiati e non sappiamo quanto i magazzini russi siano attrezzati».

I Paesi occidentali, provati dalle difficoltà economiche, possono spingere Kiev a trattare a ogni costo?
«Ci sono due categorie di Paesi occidentali. Riprendiamo un'immagine dal film di Sergio Leone "Il buono, il brutto, il cattivo", quando "il Biondo", cioè Clint Eastwood, dice a Tuco, Eli Wallach: «Il mondo si divide in due categorie, chi ha la pistola carica e chi scava. Tu scavi». Allo stesso modo, direi che gli Stati Uniti hanno la pistola e i Paesi europei scavano. Voglio dire che è Washington, che non subisce i problemi economici europei, a guidare il gioco. Solo Washington deciderà quando spingere Kiev a trattare».

 

 

 

Gli americani hanno attribuito agli ucraini l'attentato a Darya Dugina, come dicevano i russi. È un segnale di Washington a Kiev perché non faccia di testa sua?
«Certo, i servizi segreti americani, rivelando questo scoop al New York Times, hanno lanciato un fortissimo monito al governo ucraino. Kiev non deve attuare iniziative troppo forti, né all'insaputa degli Usa, e non deve dimenticarsi che la resistenza contro la Russia è dovuta all'aiuto americano».

È pensabile un golpe in Russia anti-Putin o un crollo di Mosca simile a quello dell'Urss?
«Dipende da come va la guerra. La Russia ha subìto gravi crisi interne dopo rovesci militari: la rivoluzione bolscevica nel 1917 o il crollo dell'Urss nel 1991, in parte dovuto ai contraccolpi della ritirata dall'Afghanistan nel 1989. Putin ora si gioca tutto».

Gli Stati Uniti stanno combattendo per restare i soli padroni del mondo?
«Nel senso di mantenere la loro egemonia, certamente sì. È una guerra con cui gli Usa intendono evitare che la Russia e altre potenze cambino le regole del gioco passando a un mondo multipolare».

Che ruolo dovrebbe darsi l'Ue per contare ancora qualcosa?

«L'Ue avrebbe dovuto prendere le redini della crisi russo-ucraina fin dal 2014, parlando alla Russia con una voce sola. Non lo ha fatto e ha così favorito gli Usa. L'America sa che una Ue davvero unita sarebbe un competitore globale, perciò non è europeista».

La Cina potrebbe condizionare la Russia per spingerla a un cessate-il-fuoco?

«La Cina può far valere leve diplomatiche non ancora usate, ma sarebbe difficile convincere Mosca a trattare. Come detto, Putin si gioca tutto».

Al congresso del Partito Comunista previsto a Pechino, Xi Jinping non si troverà la festa guastata dall'instabilità mondiale?

«Non è detto, dipende da come Xi se la gioca. Può vantare che da più parti si invoca la mediazione della Cina. Significa che il Paese ha ricevuto un'investitura come potenza interessata alla stabilità e credo che Xi sarà scaltro nello sfruttare questo aspetto».

L'equilibrio mondiale è stato fermo per 45 anni durante la Guerra Fredda, più 32 dal 1990 a oggi. Dove andiamo, torniamo al mondo mutipolare?

«Siamo al bivio. A seconda di come finirà la guerra sapremo se sopravviverà l'ordine internazionale instaurato nel 1945 o se andremo verso un mondo totalmente diverso. Il mondo prima del 1945 era eurocentrico, con quasi tutte le potenze situate in Europa, forti degli imperi coloniali. Ma oggi l'Europa conta assai meno».