La crisi italiana

Mario Draghi, l'affondo dagli Usa: "Premier non eletto, obbedisce ai mercati"

Antonio Socci

«La caduta di Draghi è un trionfo della democrazia, non una minaccia alla democrazia». È sorprendente leggere questo titolo sul "New York Times", d'altronde fra altri pareri di segno opposto (quelli puntualmente citati (dai giornali italiani). Lo ha firmato Christopher Caldwell che poi individua precisamente da dove viene la vera minaccia alla nostra democrazia. Caldwell è un opinionista autorevole. Collaboratore del Financial Times, scrive anche sul Wall Street Journal e il Washington Post, ha lavorato per il Weekly Standard, ha una quantità di titoli ed è autore fra l'altro del libro "Reflections on the Revolution in Europe". Il suo ragionamento sulla crisi di governo italiana e sui problemi che si troveranno ad affrontare i vincitori delle prossime elezioni è molto acuto. Anzitutto egli sottolinea che Mario Draghi «ha un curriculum straordinario per uno statista contemporaneo». I suoi tifosi, l'UE e i sostenitori dell'economia globale lo ritengono un simbolo democratico, un punto di riferimento nell'epoca attuale e giudicano la sua caduta una catastrofe. «In una delle sue newsletter JPMorgan ha descritto le manovre parlamentari che hanno portato alla cacciata di Draghi come un "colpo di stato populista" (...). Ma» osserva Caldwell «c'è qualcosa di strano nell'attribuire a Draghi il ruolo di simbolo della democrazia: nessun elettore da nessuna parte ha mai votato per lui» dunque, per quanto stimabile e capace egli sia, «le sue dimissioni sono un trionfo della democrazia, almeno come è stata tradizionalmente intesa la parola democrazia».

 

 

 

PAROLA AL POPOLO

In effetti nulla è più democratico che far votare il "popolo sovrano" (articolo 1 della nostra Costituzione), in una situazione normale. E qui Caldwell mette il dito nella piaga: «Il problema dell'Italia è che i suoi governi ora servono due padroni: l'elettorato e i mercati finanziari globali. Forse questo è vero per tutti i Paesi dell'economia globale. Ma non è così che dovrebbe funzionare la democrazia, e l'Italia è in una situazione particolare. Con il debito pubblico al di sopra del 150 per cento del prodotto interno lordo, il calo demografico e i tassi di interesse in aumento, l'Italia è intrappolata in una moneta comune europea che non può svalutare». In sostanza Caldwell individua la rinuncia alla sovranità monetaria - che è il principale strumento di politica economica di uno Stato - come chiama a fare grandi sacrifici». Ecco perché «l'elettorato italiano sembra diventare permanentemente populista». Quando la Bce, a causa del Covid, ha stanziato i 200 miliardi di euro del Pnrr il premier italiano Conte «era ancora molto popolare. Ma l'UE e l'establishment ro mano non avevano fiducia in lui per spendere tutti quei soldi», così, per iniziativa di Renzi, si fece un governo di unità nazionale attorno a Draghi «che, si diceva, aveva la "credibilità" per tranquillizzare i mercati. Ma in cosa consiste la credibilità di Draghi? In una democrazia, la credibilità deriva da un mandato popolare. In un "governo tecnico", la credibi lità deriva dai collegamenti con banchieri, autorità di regolamentazione e altri addetti ai lavori». Secondo Caldwell quando una personalità come Draghi prende il potere non è chiaro «se la democrazia sta sollecitando l'aiuto delle istituzioni finanziarie o se le istituzioni finanziarie hanno messo la democrazia in un angolo». Fa un ulteriore esempio. La scorsa settimana, quando è caduto il governo Draghi, un consulente di UniCredit ha posto una domanda alla Bce che suonava così: se le prossime elezioni italiane saranno vinte dal Centrodestra e sui mercati si scateneranno le vendite dei titoli del debito italiano, la Bce interverrà? Caldwell osserva che i tecnocrati che gestiscono il rischio finiscono per considerare la stessa democrazia come il «rischio».

 

 

 

IL DILEMMA

Stretto nella morsa fra tecnocrazia UE (che impone dure condizioni) e Mercati, qualsiasi governo italiano è costretto a prendere decisioni, dettate dall'esterno, che però «sono odiose per molti elettori». A chi deve rispondere un governo democratico: alla tecnocrazia UE o agli italiani? Secondo Caldwell molti italiani sono irritati «per gli attacchi alla loro democrazia, attacchi che non sono realmente giustificati dalla difesa della stabilità macroeconomica da parte dell'Unione europea». Di fatto lo Stato italiano non dispone quasi più degli strumenti di politica economica che gli permetterebbero di affrontare il problema del debito pubblico e dello sviluppo, perché ha ceduto gran parte dei suoi poteri alla UE ed è indifeso davanti alle turbolenze dei mercati. In questa situazione - conclude Caldwell - «agli italiani è stato sostanzialmente detto: puoi avere i soldi per salvare il tuo Paese se il signor Draghi è il tuo primo ministro, altrimenti no. Date le circostanze, non c'è nulla di "populista" o di "amore per Putin" o di irragionevole nel preoccuparsi delle conseguenze per la democrazia». Qui sta la vera sfida delle elezioni. Da una parte il Pd che vuole cedere ancora più la sovranità del Paese a UE e mercati, con i risultati economici disastrosi che vediamo da vent' anni e il progressivo svuotamento della democrazia (questo porta alla fine all'esplosione sociale del Paese). Dall'altra un Centrodestra che dovrà convincere la UE che occorre cambiare strada, perché l'Italia (Paese fondatore e contributore netto) è un'economia troppo grande e il suo crollo sarebbe il crollo della UE. D'altra parte la guerra ucraina ha già assestato un colpo da ko alla "padrona" di questa vecchia UE, la Germania, la quale basava il suo primato e la sua forza su tre pilastri: energia a basso costo, enormi esportazioni e spese per la difesa delegate agli Usa. Tutto è crollato. È il momento storico in cui tutto va rivisto e cambiato. La UE anzitutto. Per cui c'è bisogno di un'Italia (di un governo italiano) che faccia sentire forte la sua voce per ricostruire il Paese in una nuova Europa.