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Cremlino, la fortezza delle orge: "In quella stanza...", le indiscrezioni su violenze e perversioni

Roberto Coaloa

Il Cremlino, con la sua storia terrificante di assassini, che lega l'antica storia russa a quella sovietica, è diventato sinonimo del potere e dell'ambizione di chi lo abita, da Ivan il Terribile a Stalin. Dopo Pietro il Grande, con la costruzione di San Pietroburgo, fino a Nicola II, la capitale degli Zar non fu più Mosca e il Cremlino perse - per poco tempo - la sua aura di mistero. Nel marzo 1918, però, Lenin riportò il governo a Mosca, nel Cremlino, anticipando la svolta di un partito che si sarebbe poi identificato con Ivan il Terribile e gli altri grandi «patrioti russi».

 

Al Cremlino, come un novello «Gengis Khan dotato di telefono», Stalin lavorava di notte e costringeva i suoi collaboratori a fare altrettanto. Le purghe decimavano il partito e le stanze del Cremlino diventarono sinonimo di paura e furono chiuse agli estranei fino al 1955. In una di quelle stanze, Berija, il temuto capo della polizia segreta e uno dei più spietati esecutori dei crimini di Stalin, secondo una narrazione ufficiale, fu strangolato assieme ad altri. Eppure i russi, dai tempi di Lermontov a quelli di Putin, di solito provano rispetto per la magnificenza del Cremlino. In russo kreml'significa "fortezza". Il posto, tuttavia, è diventato famoso, invece, come luogo di orge e assassini, che gli Zar, nel corso dell'Ottocento, preferivano tacere essendo impegnati nella costruzione del più grande Impero mondiale.

Nel 1906, finalmente, Lev Tolstoj (scomunicato dalla Chiesa ortodossa), in Guerra e rivoluzione (pubblicato in anteprima mondiale da Feltrinelli nel 2015), svelò il «terrificante» meccanismo del potere del Cremlino: «Ha permesso in Russia le barbarie dello squilibrato Ivan il Terribile, nonché le crudeltà bestiali dell'avvinazzato Pietro I, offensivo compagno di altri ubriachi verso tutto quello che è più sacro agli uomini. La stessa ragione permise i costumi dissoluti dell'ignorante vivandiera Caterina I, e ancora i fatti clamorosi del tedesco Biron che aveva governato perla sola ragione di essere stato l'amante della zarina Anna, che, donna mediocre, era anche lei stessa straniera alla Russia. Lo stesso meccanismo è servito successivamente a un'altra Anna, padrona di un altro tedesco, poiché era nell'interesse di qualcuno di riconoscere come imperatore suo figlio, il giovane Ivan, lo stesso che sarà detenuto in prigione, poi ucciso per ordine di Caterina II. Allo stesso modo è giunta poi Elisabetta, la figlia dissoluta di Pietro I, la quale aveva inviato il suo esercito a combattere i prussiani e alla cui morte un suo nipote, un tedesco che aveva fatto venire dalla Germania, le succedette, impartendo l'ordine allo stesso esercito di combattere per i prussiani.

 

Questo tedesco, marito di Caterina II, era stato poi assassinato da lei stessa, egualmente tedesca. Morta lei, era salito al trono il degenerato Paolo a presiedere ai destini della Russia e del suo popolo, come può presiedere un folle. Egli era stato assassinato con l'approvazione del proprio figlio». Aggiungiamo un particolare che unisce - di nuovo in maniera terrificante - la nascita della Russia al periodo staliniano. Alessio, il figlio e successore di Michele, il primo zar Romanov, era irruento, un temperamento potenzialmente pericoloso, che collezionava nani al Cremlino, come schiavi per giochi osceni, nel Palazzo dei Divertimenti, originariamente residenza boiarda. Successivamente fu una delle dimore di Stalin, dove si suicidò la sua seconda moglie, Nadeda Allilueva.