Incontro al disastro

Joe Biden "si deve fermare". Christopher Layne: "Putin umiliato e incidente nucleare"

Francesco Carella

«Assicurare all'Ucraina armi sempre più sofisticate e fornire servizi di intelligence ad alta tecnologia ha un solo significato: gli Stati Uniti e la Nato sono in guerra per procura contro la Russia». Parole nette e taglienti quelle di Christopher Layne, scienziato della politica, esperto di questioni internazionali, figura di spicco del Cato Institute, think tank d'eccellenza del pensiero liberal-conservatore americano. Il professore è preoccupato e non fa nulla per nasconderlo. Dice: «È giunto il momento che Washington faccia un passo indietro prima che sia troppo tardi. Questa è una crisi assai più grave rispetto a quella dell'ottobre 1962, quando a causa dei missili cubani l'Urss e gli Stati Uniti rischiarono la collisione diretta. In questi giorni continuo a farmi due domande: per quanto tempo ancora Mosca accetterà che la Casa Bianca e la Nato continuino a fornire copertura militare a Kiev? Se un missile russo accidentalmente colpisse un territorio Nato che cosa accadrebbe? Gli arsenali dei due Paesi sono pieni di armi nucleari».

 

 

 



Joe Biden esclude la possibilità di uno scontro diretto tra NATO e Russia anche perché è consapevole che se così fosse la Terza guerra mondiale sarebbe alle porte.
«I precedenti storici, però, non sono rassicuranti. Ho ricordato in un recente articolo pubblicato su The National Interest che nel 1916, Woodrow Wilson si candidò per la rielezione con la parola d'ordine "fuori dalla guerra". Nel 1917, egli portò gli Stati Uniti nel Primo conflitto mondiale. In un discorso del 30 ottobre 1940 a Boston, Franklin D. Roosevelt disse: "I nostri ragazzi non saranno mandati in nessuna guerra straniera". In poco più di un anno il Paese entrò in guerra».
Partiamo dall'inizio. In Europa, ma soprattutto in Italia, si sostiene che il motivo principale che ha portato all'aggressione dell'Ucraina da parte russa risieda nell'eccessiva espansione della Nato verso Est. Qual è la sua opinione? 
«Teniamo il punto. Questa guerra è stata voluta da Vladimir Putin. È la Russia ad avere invaso un Paese sovrano violando il diritto internazionale. Una scelta che è sicuramente da mettere in relazione a ciò che George F. Kennan definì nel lontano 1946 "l'istintivo e tradizionale senso di insicurezza russo". In tal senso, penso che l'allargamento della NATO abbia contribuito ad esacerbare quella sensazione di insicurezza».
Allo stato delle cose, qual è il vero obiettivo degli Stati Uniti? 
«Washington punta a preservare sia l'ordine mondiale stabilito all'indomani del Secondo conflitto mondiale che a riaffermare l'egemonia americana. L'una e l'altra cosa vengono messe in discussione pesantemente dalle iniziative di Mosca».
Se è per questo, la rapida ascesa della Cina rappresenta una minaccia ancora più pericolosa. 
«Infatti, una delle ragioni per cui gli Stati Uniti sono fortemente impegnati nel sostenere l'Ucraina è che intendono inviare un messaggio preciso a Xi Jinping affinché non si lanci in politiche destabilizzanti in Asia».
Si riferisce alla questione Taiwan? 
«La strategia americana è chiara: sconfiggere la Russia in Ucraina è una tappa obbligata al fine di dissuadere la Cina dal compiere azioni di forza sull'isola di Taiwan. Perla Casa Bianca il comportamento di Putin mina la credibilità americana non solo in Europa, ma anche in Asia e in Medio Oriente. In ragione di tutto questo penso che sia difficile che Washington possa accettare qualsiasi risultato in Ucraina diverso da una netta sconfitta russa, mentre Mosca, da parte sua, punta a una vittoria».
 

 

 

 

 

Sembra una situazione senza via di uscita almeno nel breve tempo. Forse occorrerà attendere che le sanzioni economiche mettano in ginocchio l'economia russa.
«È ciò su cui punta Joe Biden. Egli pensa che le sanzioni possano addirittura facilitare un cambio al vertice del Cremlino. A tal proposito, vale la pena di ricordare che nel 1941 l'embargo petrolifero americano contro il Giappone produsse sì lo strangolamento economico di quel Paese, ma creò anche le condizioni per l'attacco a sorpresa di Pearl Harbour. Vladimir Putin messo alle strette potrebbe reagire in modo non dissimile».
In Italia alcuni opinionisti sostengono che l'Europa debba prendere le distanze dalla politica della Casa Bianca, attivando una diplomazia autonoma verso Mosca.
«Non penso che questo avverrà. L'Europa, o meglio l'Unione europea, non ha la forza sufficiente per svolgere un'azione indipendente ed efficace. Il Vecchio Continente ha delegato fin dal 1945 la propria sicurezza interna agli Stati Uniti. Il presidente francese Emmanuel Macron ha ragione quando sostiene che se l'Europa vuole avere una voce paritaria deve costruire prima di ogni cosa la sua autonomia strategica e militare. La qual cosa richiede, va da sé, molto tempo».
Un'ultima domanda. Lei crede che fra le leadership dei Paesi che contano ci sia piena consapevolezza circa il pericolo che si corre in questi mesi?
«Nutro molti dubbi. La Prima guerra mondiale fu innescata il 28 giugno 1914 dall'assassinio dell'arciduca austriaco Francesco Ferdinando a Sarajevo. Eppure, è stato solo nell'ultima settimana prima dell'inizio del conflitto (il 1° agosto) che la classe politica comprese in quale burrone stesse precipitando, ma era troppo tardi. Oggi vi sono molti segnali che dovrebbero fare scattare l'allarme non solo negli Stati Uniti e in Europa, ma anche in Cina e nella stessa Russia. La speranza è che questa volta ci si fermi in tempo».