Le conseguenze

Morire per Joe Biden, l'escalation che può far saltare l'Italia: retroscena, Mario Draghi e il Pd...

Pietro Senaldi

Putin è un dittatore e ha invaso l'Ucraina violando il diritto internazionale. Secondo un sondaggio Demos risalente a un mese fa, solo l'8% degli italiani lo apprezza. Ma è anche vero che, secondo un recentissimo sondaggio dell'Istituto Piepoli, non più del 32% dei nostri connazionali sostiene la politica di forte contrasto alla Russia, attraverso sanzioni e invio di armi all'Ucraina, sulla quale insistono il presidente degli Stati Uniti, Biden, e il suo fido scudiero, il premier inglese Johnson. Significa che preferiamo l'autocrazia alla libertà, che siamo sedotti dal tiranno? No, questo lo vuol far credere solo chi è favorevole alla prosecuzione della guerra fino alla sconfitta di Mosca, obiettivo annunciato dall'amministrazione americana. La cultura anglosassone, alla quale dobbiamo molto, libertà inclusa, è abituata a semplificare il ragionamento: bianco o nero. Putin è russo, quindi è cattivo, e va eliminato. Questa è sempre stata la strategia di Washington. Il fatto che abbia invaso un altro Paese dà il destro, la giustificazione politica, per procedere.

 

 

CULTURA
Il premier Draghi, e il Pd, perseguono fedelmente la linea di Biden. Il primo, perché è intriso di cultura americana, ha vissuto negli States e, si dice, perché nutre ambizioni di lasciare Palazzo Chigi per incarichi Nato. Il secondo perché ha ancora in Obama, che è il vero capo di Biden, il suo unico principale di riferimento. L'opinione pubblica italiana però va da un'altra parte, malgrado la maggioranza della stampa spinga a favore dell'approccio del capo del governo. Sempre secondo il sondaggio dell'Istituto Piepoli, il 90% degli italiani è preoccupatissimo per le conseguenze economiche del conflitto, che si annuncia molto più lungo del previsto. Solo un mese fa il dato era al 72%. Questo spiega perché, secondo uno studio di Project Index Research, oltre il 43% dei nostri cittadini sia fermamente contrario all'invio di armi in Ucraina e un altro 19 non sia comunque favorevole. Il dato è in crescita perché, mentre prima si pensava che la spedizione di armi a Kiev avrebbe accorciato i tempi della guerra, oggiè chiaro che invece li allunga.

Le armi in Ucraina significano, secondo il 90% dei nostri concittadini, povertà in Italia e in Europa, più che negli States, nonché il rischio di un allargamento del conflitto e finanche di una guerra nucleare, temuti, secondo l'Istituto Piepoli, dal 50% della popolazione. Ecco perché la popolarità di Biden, stando a Demos, ha perso da noi venti punti in un mese, calando al 36%. Nel nostro Paese si sta diffondendo la sensazione che l'Ucraina sia una pedina dell'amministrazione Usa nella partita sui nuovi assetti di potere globali in corso sulla scacchiera mondiale ma soprattutto, prende piede la convinzione che, per Biden, anche l'Italia e l'Europa lo siano. Kiev e la lotta a Putin sarebbero quindi un monito alla Cina perché non invada Taiwan a fine decennio e la resistenza in Ucraina come risposta che il presidente Usa, a picco nei consensi in patria, gioca sul fronte interno per non essere travolto alle elezioni di mid-term. Per la Casa Bianca infatti è vitale confortare la propria opinione pubblica, sotto choc dopo la ritirata dall'Afghanistan, il record mondiale di morti per Covid e la galoppata dell'inflazione, tre errori evitabili, tre sberle al sentimento nazionale, che hanno insinuato negli americani il dubbio di non essere più i signori del mondo nelle armi, nelle scienze e nell'economia.

 

 

GIOCARE COL FUOCO
A Washington c'è un signore che inforca gaffe e gioca con il fuoco, e gli italiani sono perplessi. Hanno paura di mettere la propria sorte in mano a un vecchietto che non sa quel che dice, non ci considera, è subissato da interessi e calcoli personali e finora le ha sbagliate quasi tutte. Le sponde che la Casa Bianca vanta presso la stampa nostrana diffondono l'illusoria alternativa che chi non vuole la guerra sia contro la democrazia. In realtà i nostri connazionali sognano una soluzione diplomatica al conflitto. La chiede il 31% della popolazione, con un 27 che vorrebbe la neutralità. Il ragionamento è semplice e risponde all'antica regola primum vivere, deinde philosophare. Gli italiani amano la libertà ma non pensano che l'invasione dell'Ucraina da parte di Putin, che quasi tutti condannano, possa arrivare a minacciare la loro libertà. Solo il 20% della popolazione mondiale vive in nazioni democratiche, mentre appena vent' anni fa la percentuale era del 43.

Questo crollo della democrazia si è avuto malgrado le guerre per l'esportazione della democrazia promosse da inizio secolo dall'Occidente che ora, dopo averle perse tutte, vagheggia di lanciarsi in un conflitto planetario per l'eliminazione delle autocrazie. Non si sa come né a che prezzo. Per restituire la libertà al Donbass, che era in guerra da otto anni senza che a nessuno importasse, o alla Crimea, che ha votato al 90% l'annessione alla Russia, gli italiani, la cui economia è la sola in Occidente a non essersi ancora del tutto ripresa dalla crisi del 2008 - che arrivava dagli Stati Uniti, tramite bolla finanziaria - sono chiamati a entrare in recessione, effetto immediato e certificato da tutte le autorità economiche mondiali delle sanzioni sul gas. È già tanto che uno su tre sia disposto a farlo, e viene il sospetto che lo sia perché non si è ancora fatto bene i conti. L'America ci ha restituito la libertà ottant' anni fa, e le saremo grati in eterno. Ma siccome la libertà si conquista e si difende, ce lo hanno insegnato proprio gli Stati Uniti, anche attraverso il denaro, per chiedere agli italiani di tornare poveri e affidarsi mani e piedi a Washington, forse alla Casa Bianca dovrebbe sedere qualcuno un po' più in grazia di Dio di mister Biden. La partita è delicatissima e le brutte notizie sono due: la prima è che l'avversario più pericoloso non è Putin, che ha il Pil della Spagna, ma la Cina, che in cinque anni supererà quello degli Stati Uniti, la seconda è che il nostro campione è affidabile quanto il secondo portiere dell'Inter, quel Radu che nella sfida scudetto ha tirato la palla dentro la porta che era chiamato a difendere.