La sfida
Conto K, "ecco chi sta pagando il gas in rubli": sanzioni, l'Europa crolla (e Putin se la ride)
Dopo il caso della Polonia e della Bulgaria che hanno subito lo stop delle forniture di gas dalla Russia per essersi rifiutati di pagare in rubli ora sono a rischio anche gli altri 48 Paesi considerati "ostili" dal Cremlino. Tra questi c'è in sostanza l'intera Unione europea e l’attenzione nelle prossime settimane sarà tutta rivolta ai cosiddetti conti K. Si tratta, riporta Il Messaggero, dei conti intitolati ai Paesi europei "presso Gazprombank, la banca del colosso dell’energia che si occuperebbe poi della conversione in rubli" dei pagamenti effettuati in euro o dollari presso i suoi centri, addossando alle aziende europee operanti con il gas russo "il costo di cambio" che si è peraltro rafforzato a favore del rublo, "come previsto dal decreto firmato da Putin a fine marzo per sostenere l’apprezzamento della valuta nazionale presa di mira dalle sanzioni occidentali".
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Bloomberg, citando fonti vicine a Gazprom, ha annunciato che quattro Paesi europei avrebbero già utilizzato lo schema dei conti K per saldare i conti a maggio adeguandosi alla possibilità di denominare de facto in rubli i ontratti, mentre altri dieci Paesi avrebbero precauzionalmente aperto conti K denominati in rubli. I versamenti alla Gazprombank in euro o dollari saranno dunque convertiti in rubli e il costo di conversione ricadrà però sui Paesi occidentali a differenza di quanto avveniva finora per imposizione della Banca centrale di Elivra Nabiullina.
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Va chiarito innanzitutto che "l'apertura del conto corrente in rubli non comporta un aggiramento automatico delle sanzioni" imposte alla Russia. Al momento poi non c'è un embargo sul gas russo e la stessa Gazprombank "è stata per il momento esclusa da qualsiasi tipo di sanzione, compreso lo scollegamento dal sistema di scambio di informazioni Swift, che permette le transazioni tra controparti bancarie di differenti Paesi" e, non a caso, aziende come Eni si sarebbero tutelate aprendo conti K. Ma quando a maggio colossi come l'Eni appunto saranno costrette a pagare accollandosi il costo della conversione o a saldare direttamente in rubli si rischierà una disruption delle forniture.