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Soldi russi al Wwf, il caso che travolge la Ong in Germania: l'inquietante intreccio con Gazprom e Putin
La domanda da porre è questa: per quale ragione un'associazione seria come il WWF in Germania ha collaborato alla realizzazione del gasdotto russo Nord Stream mentre in Italia già nel 2013 "scomunicava" il Tap, spiegando che l'opera di collegamento con l'Azerbaijan avrebbe - tra le altre cose - impedito la nidificazione delle tartarughe marine e infastidito i cetacei? Gli ambientalisti sicuramente ci spiegheranno che si tratta di due opere molto diverse, anche se all'apparenza identiche. E soprattutto ci diranno che non c'entra nulla quanto è emerso il mese scorso, ovvero che in Germania la Ong con il panda nel logo ha costituito una società che è stata finanziata con dieci milioni di euro da parte di Gazprom, società sotto il controllo diretto di Vladimir Putin.
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IL REPORT FRANCESE
Il caso è esploso circa un mese fa. Dietro a tutto c'è un report del francese Dominique Reynié, direttore di Fondapol (Fondazione per l'innovazione politica). Il professore parigino ha appena pubblicato una ricerca sulla vulnerabilità delle democrazie rispetto all'influenza dei regimi, intitolata Libertà: la sfida del secolo. Spiega Reynié: «Abbiamo trovato finanziamenti Gazprom, in particolare alle Ong ambientaliste, che hanno fornito ministri ad alcuni paesi, che poi hanno intrapreso una sorta di restituzione». Un atto d'accusa rivolto soprattutto ad alcune organizzazioni americane e a un ministro belga, che per anni ha lavorato in uno studio in affari col governo russo. Poi c'è il caso tedesco. Le associazioni verdi locali da anni contestano la realizzazione di impianti nucleari e lo sfruttamento dei giacimenti di scisto gas, ovvero il sistema di estrazione che ha portato gli Stati Uniti a raggiungere l'indipendenza energetica. Il tutto mentre mezza Europa finiva nelle mani dello zar. Sui gasdotti, invece, c'era massima apertura.
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Come dicevamo, WWF, BUND e una terza Ong hanno perfino formato una fondazione ambientale (Naturschutzstiftung Deutsche Ostsee) con la società Nord Stream Ag, ovvero il consorzio costruttore, con l'obiettivo di lavorare a progetti che minimizzassero l'impatto ambientale dell'opera. A presiedere il tutto c'era un uomo del WWF, Jochen Lamp. «E tale fondazione è stata dotata di dieci milioni di euro da Gazprom», spiega Reynié. I documenti dell'epoca (come si vede nell'immagine qui sopra) confermano tutto. Gli ambientalisti tedeschi hanno sempre definito il Nord Stream come il "male minore", perché l'alternativa alla realizzazione di quella infrastruttura sarebbe stata continuare a trasportare il gas - in forma liquida - via nave, inquinando maggiormente. Un bel ragionamento. Curiosamente, però, in Italia il WWF la pensa in maniera opposta. L'associazione fin dal 2013 è stata in prima fila nella lotta alla costruzione del gasdotto. Prima ancora che si muovessero le istituzioni locali e che nascessero i famosi comitati di fanatici, gli ambientalisti presentavano al Ministero dell'Ambiente le loro osservazioni con le quali si chiedeva di fermare il progetto. «Il quadro che emerge è caratterizzato da diverse criticità, carenze di studi ed incognite progettuali - affermava all'epoca Guido Greco, Consigliere Regionale del WWF Puglia - che dovrebbero spingere il Ministero a rilasciare un parere negativo per incompatibilità con i sistemi ambientali». Il WWF chiedeva di "analizzare l'incidenza delle correnti marine sul trasporto dei sedimenti durante le attività di cantiere" e si domandava anche cosa sarebbe successo in caso di guerra: il Salento sarebbe diventato un obiettivo sensibile?
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IL DOCUMENTO
Quel documento rappresenta una sorta di costituzione per il movimento No Tap, anche se ancora non si parlava dei famosi ulivi secolari da espiantare. Anche il Movimento Cinquestelle si è unito alla lotta solo dopo. Per il resto sappiamo come è andata a finire: l'opera è stata realizzata nonostante le proteste, le tartarughe nidificano tranquillamente e il territorio non è stato "sventrato". I grillini anni dopo hanno mollato la lotta. Il tutto, come denunciano Jacopo Jacoboni e Gianluca Paolucci nel libro Oligarchi, è fatalmente avvenuto dopo che nella società del Tap è entrato anche un gruppo russo, la Lukoil. Ma sicuramente si tratta di un altro caso. Il WWF invece, va avanti con la sua lotta contro il gas italiano, opponendosi a nuove trivellazioni. Meglio rimanere dipendenti da Putin?