Incarnazione dell'incubo

Vladimir Putin vieta i funerali per le vittime russe, "usate forni crematori portatili": le ragioni dell'orrore

Renato Farina

Questo che propongo è un esercizio pericoloso. Può essere fatto passare per intelligenza con il nemico, per una forma di assoluzione degli aggressori. Ma non posso farci niente. È consentito avere pietà, guardare con pena e compassione i soldati russi morti? Certo erano pedine di un piano criminale. Ma questo ci autorizza a buttarli fuori dal recinto del rispetto che si deve a chi fa parte di un esercito nemico del bene e della civiltà? Dico di no. 

 

Lo dico adesso, tardivamente, perché la paura di una guerra che ci coinvolgesse, l'evidenza di chi fosse il predatore e chi la preda, rendeva esecrabile ai miei stessi occhi, nel pieno di una ondata sacrosanta di indignazione, qualsiasi forma di commozione per "i cattivi". Impossibile davanti al terribile filmato della mamma e del bambino carbonizzati da un missile russo, e a quello di donne con i fagotti e le valige, i cui bambini tiravano loro la gonna perché il papà restava. Accanto a questi, che chiamava il nostro pianto, ne è circolato un altro. Ma è sparito subito, per impedire la confusione dei sentimenti, di quelli consentiti e di quelli vietati in guerra, in cui - piaccia o no - anche noi siamo coinvolti. 

Nelle prime ore dell'invasione il cellulare di un combattente ucraino ha registrato e diffuso sul web la scena di una vittoria del debole contro il forte. Alcuni cadaveri di soldati russi giacevano presso il loro carro armato fatto saltare per aria, corpi disarticolati, carne senz' anima, nessun lenzuolo che li coprisse, mentre si odono le voci dei loro nemici che li scherniscono. La guerra è così. Fa schifo. Probabilmente quei soldati russi non sapevano neppure dove fossero. Un ordine e si parte, direzione Sud, si va a impedire il massacro dei russi del Donbass. Questo forse - o neanche - gli deve esser stato detto. E chi avesse il diritto di ammazzarli è chiaro da quale parte stesse. Tardivamente lo dico e mi accuso. Quei militari dell'Armata Rossa meritano anch' essi un segno di croce, un istante di silenzio, o il classico R.I.P dei social. Ovvio. Sarebbe una pretesa ridicola pretendere la pietà per il nemico da chi se l'è visto venire addosso con il cannone puntato. 

 

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Ma è qualcosa che a noi tocca, pena la rinuncia all'umano che dovrebbe essere il fondamento dei famosi valori dell'Occidente illuminista e cristiano. È un esercizio ammesso solo in privato, nel segreto della stanza e dei propri pensieri notturni. Ma in pubblico è un tabù, non si fa, ti fa iscrivere sull'elenco dei putiniani o peggio ancora dei buonisti, per cui anche il male va cosparso di fiori. Ma no, non il male, ma quelli che sono coinvolti in una guerra, qualsiasi essa sia. Ci sono anche i cimiteri degli sconfitti, non li ricorda nessuno. I soldati non sono colpevoli di essere dalla parte sbagliata della storia o semplicemente da quella perdente. Ho in mente i nostri alpini, eroici, ma invasori alleati dei nazisti, non bisogna essere nazionalisti nella pietà per i disgraziati chiamati a far la guerra. Quanti sono i morti sul campo di questo conflitto? L'Onu parla di 1200 ucraini, tra cui 27 bambini. Non si sa quanti di questi siano militari o civili. Il presidente Zelensky ha ordinato con tracotanza a tutti i cittadini di armarsi e difendersi, di fatto indicendo una «guerra di popolo». Tutti soldati, e questo rende difficile e un po' ipocrita la distinzione (non quella tra l'aggressore e l'aggredito, ovvio). In compenso i soldati russi morti sono secondo Kiev circa 12mila. Il Pentagono ridimensiona le perdite a 4mila al massimo. 

Ma questi poveri soldati russi morti non hanno il diritto a un nome nella loro Redipuglia, hanno ricevuto l'ordine dal Cremlino di non esistere. Infatti Putin non ha dichiarato guerra a un altro Stato, ma ha ordinato un'operazione speciale dentro un'unica nazione russo-ucraina. Dunque non valgono le regole antiche. Secondo una legge approvata dalla Duma nel 2015, chi muore non ha diritto all'onore pubblico e neppure al fiore della mamma e della fidanzata. L'intelligence britannica ha fatto trasmettere sui siti il filmato di forni crematori tascabili, perfettamente mimetizzati come camion frammezzo alle colonne di carri armati e mezzi blindati. Alzi la tendina però, e vede questa specie di grossa botte d'acciaio capace di contenere un cadavere e trasformarlo in cenere. Le immagini sono datate 2013, ma il ministro della Difesa Ben Wallace al Daily Telegraph conferma che il sistema funziona ancora: «Se fossi madre o padre di un figlio soldato, e il mio governo pensasse che il modo per coprire le perdite sia un forno per bruciarlo, sarei profondamente preoccupato». Tu non esisti come persona. 

In un capitolo di "Imperium", il libro nel quale Ryszard Kapucinski (1932-2007) ha raccontato lo sfaldarsi dell'Urss, appare un esercito invincibile. Era fatto dalle madri dei soldati mai tornati dall'Afghanistan, si ostinavano a tenere in vista, qualunque generale o ministro passasse, la foto del figlio così bello, con quegli occhi azzurri: «Dov' è? Ditemi almeno dov' è la sua tomba!». Non contò poco questa sollevazione della madri a distruggere la credibilità dei comunisti nell'Urss, con il triplice funerale in sequenza: Breznev-Cernenko-Andropov. Morire sì, ma togliere la tomba, seminare le ceneri senza avvertire dove, facendo firmare alle madri, previo indennizzo, l'impegno di tacere, non lo meritano neppure i soldati dello Zar. Da come sono trattati i morti si capisce la differenza tra barbarie e umanesimo. Facciamoli almeno esistere noi questi poveri morti che non dovevano morire nella follia della guerra.