Il bavaglio del Cremlino
Se la Russia si isola, e chiude Internet e social
Come in un bizzarro romanzo cyberpunk degli anni 80 in cui la realtà rarefatta non riesce più a scollarsi dalla propaganda, la Russia decide di uscire da Internet.
Anzi, no. Per meglio dire -come specificano dalle parti del Cremlino- quella del prossimo 11 marzo non sarà una vera e proprio disconnessione di Putin dalla coscienza del mondo. No. Sarà, semmai, il taglio definitivo alla diffusione delle notizie «false e sovversive dell’Occidente» dalla Rete globale: un modo come un altro per far risorgere la vera informazione della Grande Madre Russia su RuNet. RuNet è il web che piace all’autocrate. È una potente piattaforma interna, una intranet del tutto controllata dal governo e impermeabile a qualsiasi propaganda antirussa, sia riferita alla guerra d’Ucraina che a quelle che verranno.
La notizia, rilanciata sui social da Nexta Tv e dai formidabili hacker di Anonymous, arriva dopo la legalizzazione putiniana del controllo su radio, stampa e televisioni con multe e detenzioni fino a 15 anni di carcere; e cambia lo scenario stesso della comunicazione globale. È la vera bomba sotto il tavolo, direbbe Hitchcock. Perché produce un devastante effetto domino.
Netflix e TikTok limitano le loro attività, nonostante le contromisure prese nei giorni precedenti. Facebook idem, anche si augura (illudendosi) in un ripensamento di Mosca. Epic Games ferma le vendite dello store digitale. Inoltre, vedono assai limitati i loro accessi i siti Meduza, Svoboda, e quello dell’emittente tedesca Deutsche Welle. Il sito web in lingua russa fondato dagli Stati Uniti Radio Free Europe/Radio Liberty risulta quasi paralizzato. E Wikipedia, l’enciclopedia libera e partecipata –un ossimoro in Russia, di questi tempi- è stata minacciata di blocco per un articolo sulle vittime civili e militari. Resisterà YouTube, ma chissà fino a quando; mentre a Eco Mosca, storico canale radiofonico russo, le autorità hanno staccato la spina perché continuava a definire quella in corso una «guerra» e non un’operazione militare temporanea.
Di contro, si infittisce la selva dei siti di propaganda di bufale e di spietati hacker putiniani, già arruolati per camuffare la realtà di 140 milioni di cittadini russi che risulteranno a breve isolati dal resto del pianeta.
In tutto questo livido addio alla Rete globale, in uno scatto d’orgoglio e nascosti dal profilo @LatestAnonPress, i pirati informatici filoucraini di Anonymous s’infilano con 3 milioni di sms di resistenza umana nei telefoni dei russi, giusto per riportarli alla realtà.
Però, l’Intranet delle notizie, il progetto diabolico un po’ alla Rasputin, di costruirsi un Internet sovrano che possa essere libero da influenze occidentali non è frutto d’improvvisazione.
Già nel 2021 l’agenzia Reuters riportava di un test andato a buon fine – tenutosi tra il 15 giugno e il 15 luglio – in cui Mosca avrebbe coinvolto tutte le società di telecomunicazioni del Paese in un processo di disconnessione da Internet; ma allora, molti di noi, presi delle piccinerie delle nostra politica interna, non gli diedero molto peso. Sbagliammo. Come in questi giorni hanno sbagliato gli stessi ucraini chiedendo all’ Internet corporation of assigned names and numbers (Icann), l’ente che assegna gli indirizzi Ip, di staccare, appunto, la Russia dal resto del Web. Li ha anticipati il medesimo Putin, realizzando un progetto isolazionista che carezzava da tempo. Il modello è quello cinese, anche se la Cina ufficialmente non ha imposto nulla. La prospettiva è un pensiero unico che trasformi la realtà in una dimensione onirica. Intanto hacker filorussi già cominciano a minacciare le banche occidentali. Internet è considerato un diritto inalienabile dell’umanità. Il tempo di girarsi un attimo e non ci sono più né il diritto, né l’umanità...