Presidente resistente
Volodymyr Zelensky, "il governo in esilio". L'indiscrezione e gli indizi incrociati tra Cremlino e Kiev
La "tentazione dell'esilio". Varie indiscrezioni, a partire da quella del Washington Post di un giorno fa, rilanciano l'ipotesi di una fuga di Volodymyr Zelensky, presidente ucraino, nella vicina e sicura Polonia, oltre la "cortina" della Nato. L'ex comico avrebbe nuovamente rinunciato, e ha pubblicato non a caso sui social un altro video in cui si aggira per il suo bunker e nel palazzo del governo, mostrando di essere ancora, orgogliosamente, nella Capitale Kiev insieme a tutti i ministri del suo governo.
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Non molla, Zelensky. Già nelle prime ore dell'invasione russa, quando ancora l'attacco a Kiev sembrava una eventualità impossibile per quanto abnorme e grottesca, aveva fatto sapere all'intelligence americana che voleva metterlo in salvo all'estero: "Ho bisogno di munizioni, non di un passaggio". Intenzionato a resistere, fino a mettere a repentaglio la propria vita dunque. E proprio quella frase avrebbe convinto Vladimir Putin a scatenare l'inferno nelle città ucraine, dopo i primi giorni per certi versi interlocutori.
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L'obiettivo dichiarato è farlo cadere, anche se dal punto di vista diplomatico il Cremlino continua a ritenerlo l'interlocutore e questo, secondo molti esperti, sarebbe il segnale: Mosca è disposta a farlo uscire vivo da Kiev. Arreso, ma vivo. D'altro canto, la tenacia dell'ex comico è un altro indizio, in campo ucraino: al di là di come andrà la sfida bellica, sul campo, Zelensky è convinto di poter giocare una partita personale ancora molto importante, anche dopo l'eventuale sconfitta militare. Eccola, dunque, l'idea del "governo in esilio", l'unico che verosimilmente l'Occidente potrebbe considerare legittimo se nei negoziati tra Mosca e Kiev Putin dovesse riuscire a strappare una vittoria totale.