Ex comico

Volodymyr Zelensky, quello che nessuno sa sul presidente ucraino: "Altro che eroe", cosa c'è davvero dietro la guerra

Filippo Facci

Pare molto più facile schierarsi con l'Ucraina che con il suo presidente Volodymyr Zelensky, e non solo per il principio per cui la pace è sempre meglio della guerra, non solo per il principio egoistico per cui le conseguenze della guerra ricadrebbero (ricadranno) economicamente su di noi, e neppure per la tentazione malata e faziosa di chi seguita a raccontarsi che Putin in fondo volesse solo riprendersi due repubblichine secessioniste (Donetsk e Lugansk) che lo aspettavano a braccia aperte: una balla ormai conclamata, un pretesto per puntare sulla capitale dell'Ucraina e far fuori quel «nazista» e «drogato» che prende il nome appunto di Volodymyr Zelensky: come se prendersi la capitale di uno stato fosse molto diverso dal prendersi lo stato intero. Ed è come se entrambi, Putin e Zelensky, mantenessero nei confronti del resto dell'Occidente - inteso come Unione Europea e Nato - un atteggiamento da supponenti co-protagonisti in qualità rispettivamente di carnefice e di vittima, entrambi impreziositi da un ruolo che li vedrebbe cercati e blanditi a dispetto di un loro comportamento anche sprezzante. Di Putin si sa tutto: ferreo e implacabile come i suoi carrarmati. Di Zelensky si è detto un po' meno. L'esempio più lampante resta quello dell'episodio con Mario Draghi, una delle personalità più rappresentative dell'Unione e tra quelle che più si è impegnata per scongiurare ogni involuzione dei «giorni più bui della storia europea», come ha detto nella sua informativa al Parlamento; Draghi si è addirittura commosso, parlando a braccio, nel raccontare che Zelensky era nascosto con la famiglia da qualche parte, a Kiev, perché l'obiettivo di Putin era palesemente lui, e che la dinamica degli eventi aveva fatto saltare un appuntamento telefonico tra lui e Zelensky nella mattinata di ieri, alle 9.30: «Non è stato poi possibile fare la chiamata», ha detto Draghi, visibilmente affranto, «perché il presidente non era più disponibile».

 

 

 

RISENTITO

Poi magari chissà, i traduttori dall'italiano all'ucraino (che non è russo: è ucraino) hanno lavorato male, perché la risposta di Zelensky (un frettoloso tweet) è apparsa quasi risentita e liquidatoria: «Oggi alle 9.30 ci sono stati pesanti combattimenti. Le persone sono morte. La prossima volta cercherò di spostare l'agenda di guerra per parlare con Mario Draghi. Nel frattempo, l'Ucraina continua a lottare per il suo popolo». Peraltro, nonostante i «pesanti combattimenti», Zelensky aveva già avuto il tempo di scrivere alcuni tweet in quella mattinata: ne aveva già spedito uno a Putin in cui gli chiedeva di «trattare» (su che cosa?) e un altro genericamente all'Europa con l'invito ad agire più in fretta: «Non tutte le possibilità di sanzioni sono state ancora esaurite. La pressione sulla Russia deve aumentare», aveva intimato alla Von der Leyen, che intanto lo stava coprendo di soldi intesi come «assistenza finanziaria». Parlare con Putin e chiedergli di «trattare» è assodato che non serve a nulla. A una chiamata del presidente ucraino, Putin non aveva neppure risposto. Allora pare che Zelensky avesse chiesto e Emmanuel Macron di intercedere, e in effetti Macron con Putin ha parlato: senza render conto a chicchessia come i francesi amano fare. Ma l'esito è stato nullo e con versioni contrastanti: dall'Eliseo hanno fatto sapere che «dopo aver parlato con il presidente ucraino, e in coordinamento con lui, Macron ha chiamato Putin per chiedere l'interruzione immediata delle operazioni militari». Il Cremlino invece ha detto che i due hanno avuto «un serio e franco scambio di opinioni» e che Putin ha fornito una spiegazione «esauriente» delle ragioni per cui aveva attaccato l'Ucraina. Insomma, il nulla. I toni di Zelensky intanto sono rimasti quelli di chi considera l'attacco al suo Paese quasi un problema più europeo che ucraino: «La risposta europea è troppo lenta», «cittadini europei, venite a combattere per Kiev». Mentre col presidente Usa Joe Biden, ieri sera, Zelensky trovava miracolosamente un buco in agenda e ha parlato a lungo: possibile che cerchino un modo per far lasciare Kiev al presidente che intanto però non smetteva di spedire video in cui mostrava la sua prigionia cittadina ostentata come una scelta orgogliosa, una mancata diserzione.

 

 

 

STATISTA PER CASO

L'intero mondo a cui il presidente chiede aiuto, nel contempo, cerca di rimuovere che la statura politica di Zelensky resta quella di un leader eletto perché personaggio di una serie tv: come un Grillo qualsiasi, infatti, resta un attore che però è addirittura diventato capo di Stato quasi per caso. Ha 44 anni, nel 2019 ottenne il 73 per cento delle preferenze e la sua gestione della Pandemia, per esempio, è costata la vita a 100mila persone in un Paese in cui il tasso di vaccinazione è fermo al 33 per cento. L'ultimo sondaggio, del centro ucraino per gli studi economici e politici, spiegava che il 55 per cento dei suoi cittadini pensa che non abbia fatto abbastanza per evitare il conflitto e non lo considera affidabile in condizioni di guerra. Non è che fuori dall'Ucraina l'opinione diffusa sia molto diversa. Il populismo ha presentato il suo conto.