Sanzioni sì, sanzioni no
Russia, Swift: l'arma dell'Europa contro Vladimir Putin? Rischia di morire l'Italia: collasso bancario, lo scenario
Alfarummxxx scritto tutto maiuscolo è il codice Swift di Alfa-Bank, la più grande banca russa controllata da Mikhail Fridman, "uno dei maggiori oligarchi, nato in Ucraina, fondatore del Congresso russo-ebraico, un uomo d’affari accorto e globalizzato", scrive lo storico Stefano Cingolani in un articolo pubblicato su Il Foglio ragionando sulle sanzioni alla Russia e sui loro reali effetti. "Se si bloccherà l’intera catena dei pagamenti che lega la Russia al resto del mondo quel codice verrà annullato" e, prosegue, "non c’è dubbio che anche Alfa-Bank verrebbe colpita, ma quanto duramente?", si chiede Cingolani. "L’eventuale blocco del codice Swift vorrebbe dire abbandonare i clienti migliori. Ma attenzione, fatta la legge (o la sanzione) trovato l’inganno".
Il caso, la possibilità di agire sul codice Swift, ha tenuto banco nel giorno dell'invasione russa in Ucraina. E l'Europa si è spaccata. Il premier britannico Boris Johnson sta ha fatto pressioni "molto forti" affiché la Russia sia esclusa dal sistema finanziario internazionale Swift. La sanzione colpirebbe duramente l’economia e le banche russe e la loro capacità di operare al di fuori dei confini nazionali. Tuttavia, Johnson sta incontrando la ferma opposizione del cancelliere tedesco Olaf Scholz, che ha avvertito il premier che la Germania non intende sostenere questa misura, né lo farebbe l’Unione europea. Questo, almeno, quanto ha riportato il Financial Times, spiegando che "tutte le opzioni sono sul tavolo". La Ue ha fatto sapere che le sanzioni verranno decise entro la giornata di venerdì 25 febbraio. Nel corso della giornata,il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, ha invocato la misura: "Sta arrivando un pacchetto di ulteriori severe sanzioni contro la Russia da parte dell’Unione europea. Ho discusso tutti i dettagli con il presidente francese Emmanuel Macron". Dunque ha aggiunto che Kiev "chiede la disconnessione della Russia da Swift, l’introduzione di una no-fly zone sull’Ucraina e altre misure efficaci per fermare l’aggressore".
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Ma torniamo all'ipotesi di estromettere la Russia da Swift. Come spiega Cingolani, "uscita l’Alfa-Bank, a sostenere il settore militare è arrivata la Russian Finance Corporation (Rfk), di proprietà di Rosoboronexport, che fa parte di Rostec, la holding statale nata nel 2007 che controlla 14 holding e 700 imprese. Dopo le sanzioni del 2014, non ha più accesso al mercato americano, tuttavia veicola soldi pubblici alle imprese da sostenere", sottolinea Cingolani, e questo "la dice lunga su quanto sarà difficile tagliare il cordone ombelicale tra l’economia russa e quella occidentale per mettere in ginocchio Mosca, il regime di Putin e i suoi oligarchi, i quali peraltro sono già da tempo radicati in paradisi fiscali difficilmente controllabili". E ancora, "il governo ha sviluppato un sistema chiamato Spfs (Sistema di trasferimento di messaggi finanziari) che copre il 20 per cento delle transazioni nazionali, consente quelle con i paesi satelliti dell’ex Urss e potrebbe collegarsi in un prossimo futuro a India, Iran, Cina. Senza dimenticare che oggi c’è una variabile anch’essa fuori dai radar: l’arma delle criptovalute è già stata utilizzata ampiamente per finanziare soprattutto i gruppi combattenti ucraini, senza che nessuno potesse intervenire".
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E "anche l'ipotesi di staccare la spina a internet e al circo dei social media", scrive Cingolani, "è pieno di controindicazioni" e in breve tempo "gli hacker russi potrebbero trovare le loro risposte". "Secondo una stima fatta nel 2014", aggiunge, "un'esclusione dallo Swift avrebbe comportato per l'economia russa la perdita immediata del 5 per cento del suo valore. Un colpo duro, ma assorbibile". Anche perché "l'aumento dei prezzi delle materie prime ha consentito alla Russia di accumulare riserve molto significative: quasi 630 miliardi di dollari". E "chiudere lo Swift potrebbe avere una ricaduta molto dura soprattutto in Europa". L'Italia, per esempio, "è il quinto fornitore della Federazione russa" e "le esportazioni ammontano a sette miliardi di euro l'anno che verrebbero perduti".
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Conclude Cingolani: "La vera 'arma nucleare' in grado di mettere in ginocchio Putin sarebbe interrompere le importazioni del gas russo dal quale dipende per due terzi l'approvvigionamento di risorse finanziare pregiate" ma "la ricaduta sui mercati energetici, sull'inflazione e sull'Europa sarebbe di gran lunga peggiore della crisi petrolifera provocata dagli sceicchi negli anni Settanta".