L'analisi
Joe Biden come Barack Obama, il ruolo della sinistra Usa dietro la crisi in Ucraina
Ci voleva un presidente Democratico per riavvolgere all'indietro il film della storia fino ai fasti della peggior Guerra Fredda quando per un nulla, anche solo un malinteso, il mondo rischiava lo scontro nucleare. C'è voluto l'ex vice di Obama perché rimpiangessimo i quattro anni di Trump generalmente considerati dagli stessi Dem come i peggiori che un presidente americano abbia mai fatto vivere alla sua nazione. Eppure con Trump al potere non ci si era mai neanche lontanamente avvicinati alle tensioni che stiamo vivendo in questi giorni e a quelle che guarda caso abbiamo vissuto prima del suo avvento, quando appunto alla Casa Bianca c'erano il pacifista Obama, il fido Biden e il consigliere per la Sicurezza Nazionale, Antony Blinken, attuale Segretario di Stato.
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L'INTERVISTA DEL 2015
Per capire dell'eredità consegnata dall'ex al suo vice, ora presidente in carica, va rispolverata una vecchia intervista dell'attuale direttore di Libero, Alessandro Sallusti, al premier ucraino in esilio Mykola Azarov, costretto a scappare dal suo Paese insieme al presidente Victor Yanukovich in seguito alla cosiddetta "rivoluzione ucraina" del 2013-14. «Un golpe», sostiene Azarov, voluto dagli americani a cui non piaceva affatto «la linea di buon vicinato sia con la Russia che con l'Unione Europea» tenuta dal governo di cui faceva parte.
Mentre incominciavano «le occupazioni di uffici pubblici da parte di manifestanti spuntati dal nulla» la consigliera diplomatica di Obama, Victoria Nuland, si presentò nell'ufficio di Azarov con un ultimatum: «O accettavo di formare un nuovo governo di unità nazionale che accontentasse gli anti russi oppure l'America non sarebbe stata a guardare». Un ricatto al quale il governo Yanukovich si oppose pagandone le conseguenze. Erano i tempi in cui gli americani avevano iniziato a guardare all'Ucraina anche dal punto di vista economico e tra gli interessati al bottino c'era pure Hunter Biden, ovviamente figlio di Joe, il quale dal 2014 entrò a far parte del consiglio di amministrazione della Burisma Holdings, azienda produttrice di petrolio e gas.
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IL METODO NAZISTA
Ma in quei giorni sembrava che invece fosse la piazza a dettare i tempi della protesta contro il governo. Azarov sostiene che i manifestanti prendevano ordini dagli americani, «che il quartier generale della protesta era nell'ambasciata Usa a Kiev, la quale provvedeva anche a finanziare in modo importante la rivolta». Ci furono anche dei morti, uccisi da cecchini che la propaganda Usa ed europea faceva passare per filo-russi ma in realtà «erano appartenenti alla fazione a noi avversa».
«Servivano vittime da sacrificare per giustificare l'innalzamento del livello di violenza della piazza» sostiene l'ex premier. La creazione di pretesti non è una novità nella storia americana e in particolare della Cia, si ricordi l'antrace iracheno: quello in Ucraina serviva per rovesciare il potere, cosa che puntualmente avvenne con l'attacco del palazzo presidenziale nel febbraio del 2014. Yanukovich, sostiene Azarov, rischiò di fare «la fine di Gheddafi» in Libia, ucciso dagli insorti per ordine indiretto di chi aveva attaccato il Paese. Nell'intervista l'ex premier parla anche di «metodi nazisti» del nuovo corso, facendo riferimento in particolare ai bombardamenti di interi quartieri russi dopo l'intevento di Mosca in Crimea. I gruppi filonazisti sono fin dall'epoca la principale spina dorsale della lotta contro Mosca. Sono gli stessi sui quali la Cia fa affidamento per la resistenza interna dopo l'eventuale invasione.