L'intervista

Ucraina, Lucio Caracciolo sapeva tutto con un giorno d'anticipo: "Vladimir Putin ha già vinto", Occidente ko

Maurizio Stefanini

Fondatore e direttore di Limes Rivista Italiana di Geopolitica, Lucio Caracciolo ha dato vita alla sua creatura editoriale subito dopo la fine del blocco comunista nella previsione che, terminata la contrapposizione ideologica tra Este Ovest, l'Italia avesse bisogno di capire qual era il proprio interesse nazionale e come perseguirlo. Gli chiediamo come prima cosa: insomma, questa guerra tra Russia e Ucraina si farà o non si farà? «La domanda dovrebbe essere ovviamente rivolta innanzitutto a Putin, visto che è lui che decide. Io risponderei che mi sembra molto poco probabile che avvenga nei tempi e nei modi previsti dagli americani, cioè dopodomani».

Quindi Putin aspetterebbe di più per colpire?

«No. Secondo me non ha alcun interesse a colpire, almeno allo stato dell'arte, perché sta già ottenendo quello che vuole. Cioè, sta mantenendo la pressione sull'Ucraina e la sta spingendo a qualche forma di accordo che dovrebbe sancire il principio che, almeno in un tempo immediatamente a venire, l'Ucraina non chieda di entrare nella Nato».

Quindi sta ottenendo il suo risultato?

«Allo stato dell'arte, ripeto, perché è tutto in evoluzione, sì. Il suo scopo è di destabilizzare l'Ucraina e dividere la Nato. Il secondo scopo è raggiunto in partenza, perché la Nato come è noto non ha una linea unica sulla Russia e soprattutto la leadership americana mi pare piuttosto confusa e incerta, e comunque non si vuole impegnare in una guerra contro la Russia. Quanto alla destabilizzazione dell'Ucraina, anche qui l'America contribuisce enfatizzando la minaccia russa e favorendo la destabilizzazione dell'Ucraina, facendo montare il panico. Insomma, tutto quello che Zelenski ha detto a Washington senza successo: se continuate così, qui restiamo in mutande».

C'è stato un contraccolpo della fuga da Kabul?

«Io penso che in questo momento la prima preoccupazione di Biden e dei suoi sia quella di non straperdere il voto di medio termine. Quindi non sono proprio concentratissimi sull'Ucraina, e questo significa anche che non hanno una visione strategica, mentre per Putin è una questione esistenziale. Di vita o di morte. Quindi c'è una profonda diversità di posta in gioco tra americani e russi».

Tra americani e russi o tra americani e Putin? Fino a che punto l'interesse di Putin coincide con l'interesse della Russia?

«Dipende da cosa si intende per Russia. Se pensiamo allo Stato, direi di sì. È chiaro che la Russia a interesse a destabilizzare l'Ucraina, qualunque sia il suo leader. I russi, ma credo anche Putin, non è che abbiano tutta questa voglia di fare la guerra contro un popolo che considerano molto intimo. Putin stesso dice: "noi, gli ucraini e i bielorussi siamo lo stesso popolo". Sarebbe una sorta di guerra civile».

La situazione contribuisce a riscoprire questo legame? O non porta piuttosto a spingere gli ucraini verso Occidente?

«È tutto da vedere. Visto che gli occidentali hanno stabilito di non essere disposti a morire per Kiev, francamente non credo che gli ucraini abbiano tutta questa fretta di entrare. Siamo disposti ad armarli perché eventualmente combattano loro, ma visti i rapporti di forza gli ucraini aldilà dei sentimenti non credo abbiano un particolare interesse a combattere da soli contro i russi».

 

Ma se poi la guerra davvero ci fosse, quale sarebbe lo scenario più probabile? Una resistenza simbolica tipo Cecoslovacchia nel 1968, o resistenza accanita tipo Finlandia nel 1939?

«Adesso non esageriamo, i russi non sono completamente scemi. È chiaro che se entrassero con i carriarmati a Kiev per loro sarebbe un suicidio totale, perché otterrebbero l'opposto di quello che vogliono. Cioè, compatterebbero la Nato, sia pure provvisoriamente; perderebbero la faccia a livello internazionale; e scatenerebbero una serie di sanzioni devastanti nei loro confronti. La guerra la stanno già facendo i russi con altri mezzi, a cominciare dal cyber, dalla propaganda, dalla disinformazione. Insomma, vediamo già uno scontro in atto che non ha più molto a che vedere con le guerre che abbiamo conosciuto nel '900».

C'è anche una polemica sul fatto che Putin starebbe facendo sponda a tutta una serie di operazioni di esportazione dell'autocrazia.

«Io non credo che Putin abbia molto interesse alle classificazioni politologiche dei regimi. Ha interessi a che i regimi che gli stanno intorno siano se non amici o alleati quanto meno non siano nemici. Oggi l'Ucraina non può più essere, come è stata a lungo, nella sfera di influenza russa, ma i russi pensano che possa non entrare in quella Usa. Dopo di che, tra 20 anni se ne riparla».

 

 

E l'interesse dell'Italia?

«Che non ci sia nessuna guerra, innanzitutto. Una guerra vera con sparatorie e battaglie significherebbe innanzitutto una fuga di massa dall'Ucraina e l'Italia è il Paese che ospitala più grande comunità ucraina d'Europa. Centinaia di migliaia di persone arriverebbero da noi. In secondo luogo potrebbero esserci, ma non è detto, ripercussioni sulle forniture di gas oppure, questo è già più sicuro, sul prezzo dell'energia. Poi bisogna vedere che tipo di sanzioni noi adotteremmo contro la Russia e le controsanzioni che la Russia adotterebbe contro di noi. Sapendo che comunque sarebbero pesanti».