In Israele
Green pass e quarta dose, addio: "Nessuna logica medica". Stravolta la lotta alla pandemia: non solo soldi
Israele raccomanda la quarta dose e (forse) cancella il green pass. Sono giorni frenetici, a Tel Aviv. Da una parte i numeri, quelli della pandemia: con i contagi che schizzan su (83.088 nuovi casi in un giorno solo, per un Paese che ha più o meno la stessa popolazione della Lombardia), e la variante Omicron che, a gennaio, ha infettato il 10% degli israeliani. Dall'altra la politica, affidata (questa volta) al ministro delle Finanze, Avigdor Liberman: è lui che, su Twitter, mette al bando il certificato verde. Non ha alcuna «logica medica ed epidemiologica», scrive sui social, «quello che c'è, invece, è un impatto diretto sull'economia, sul funzionamento dello Stato e un contributo significativo alla diffusione del panico tra i cittadini».
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Già domenica scorsa, che al di là del Mediterraneo è una giornata lavorativa come le altre, il comitato consultivo del ministero della Salute ebraico aveva suggerito al governo di Naftali Bennett di disfarsi del Green pass: c'è poco da fare, con Omicron, dicono gli esperti, l'alto tasso di contagiosità non risparmia le persone vaccinate e il Qr code può persino «incoraggiare un falso senso di sicurezza per coloro che lo utilizzano, perchè porta le persone a usare meno precauzioni». Di certo si sa soltanto che le le attuali restrizioni legate al green pass (che a Gerusalemme e dintorni sono state introdotte nel febbraio del 2021, molto prima di quando le abbiamo varate anche noi) scadranno la settimana prossima, il primo febbraio. E dopo? Il dibattito, in queste ore, sta tutto lì: verrà rinnovato, verrà abolito in parte, verrà rimpiazzato da qualcosa d'altro? Tra chi ne farebbe volentieri a meno c'è il presidente della commissione Giustizia alla Kenesset, il laburista Gilad Kariv, che tuona: «Alla luce delle voci degli esperti potrebbe essere positivo che il governo rimuova per il momento il green pass, visti i dati attuali».
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Ma tra i sostenitori della misura c'è chi ha ritirato fuori una ricerca del Tony Blair Institute for global change di Londra, del novembre scorso, nella quale si metteva nero su bianco che, se il Regno Unito si fosse dotato di certificato verde, quest' estate avrebbe potuto ridurre i contagi e i decossi fino al 30%. Sull'altro versante c'è il richiamo alla quarta dose che, invece, mette d'accordo tutti. Il "laboratorio Israele", il primo Paese al mondo a spingere l'acceleratore sulle inieizioni contro il Coronavirus: il Pandemic response team israeliano (una sorta di Cts locale), ieri ha raccomandato di somministrare la quarta fiala a chiunque abbia un'età compresa tra i diciotto e i sessant' anni che hanno già ricevuto la booster da almeno cinque mesi. I dati scientifici che il team mette sul tavolo, infatti, dicono che chi ha ricevuto la quarta dose ha tra le tre e le cinque volte la protezione contro la morbilità grave e il doppio di quella contro l'infezione rispetto a quanti si sono fatte inoculare solo tre punture. A darne notizia è il quotidiano Jerusalem post che ricorda come la raccomandazione sia «ancora soggetta all'approvazione del direttore generale del ministero della Salute», il professor Nachman Ash".